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Un fiume di denaro pubblico sperperato tra rimborsi facili e spese folli in quasi ogni Regione d’Italia: ecco come definire tutti gli scandali che ha coinvolto la politica locale nostrana degli ultimi anni. Si inizia a tirare le somme con la vicenda Rimborsopoli che aveva travolto la Regione Piemonte arriva alla prima fase finale con le decisioni del gup di Torino, Roberto Ruscello:4 le condanne, 14 i patteggiamenti e 24 i rinvii a giudizio nell’ambito del processo nato dallo scandalo dei fondi pubblici regionali. Il giudice ha accolto le richieste dei pm Giancarlo Avenati Bassi ed Enrica Gabetta, condannando i tre ex consiglieri regionali e un imprenditore-politico che avevano scelto il rito abbreviato. Rinviato a giudizio anche l’ex presidente della Regione, il leghista Roberto Cota; richiesta per il rinvio a giudizio, ossia imputazione coatta, anche per l’attuale vicepresidente della giunta Chiamparino, Aldo Reschigna, l’assessore Monica Cerutti e segretario regionale del PD Davide Gariglio.
Il gup Ruscello ha così confermato le condanne per l’ex presidente del Consiglio regionale, Valerio Cattaneo (un anno e otto mesi), Carla Spagnolo (un anno, otto mesi e venti giorni), Roberto Boniperti (due anni e sei mesi) e Gabriele Moretti, ex consigliere comunale di Torino della lista dei Moderati e imprenditore a capo della società Contacta (tre anni ), tutti interdetti per la durata della pena.
Confermate anche le richieste di patteggiamento che 14 consiglieri avevano fatto in accordo con la procura: Michele Marinello, Francesco Toselli, Giovanna Quaglia ed Elena Maccanti sono stati condannati a un anno; un anno e un mese per Marco Botta e Cristiano Bussola; un anno e tre mesi per Gianfranco Novero e Tullio Ponso; un anno e quattro mesi per Maurizio Lupi dei Verdi Verdi (per lui anche un secondo processo per truffa in concorso con la figlia), Franco Maria Botta, Antonello Angeleri e Andrea Buquicchio; un anno e sei mesi per Luca Pedrale e Mario Carossa.
Per gli altri imputati è scattato il rinvio a giudizio: ci sarà anche l’ex governatore Cota, accusato di peculato (celebre il rimborso per l’acquisto di un paio di mutande verdi effettuato negli States e pagato con soldi pubblici). Lo scandalo non ha risparmiato anche il PD e alcuni membri importanti della giunta Chiamparino: per il vicepresidente Reschign, l’assessore Cerutti e il segretario regionale Gariglio è arrivata l’imputazione coatta, con dieci giorni di tempo da parte del giudice per decidere su un eventuale rinvio a giudizio. Il governatore Sergio Chiamparino ha rinnovato la fiducia nei suoi uomini, dichiarando la sua “piena fiducia” negli assessori e respingendo le loro dimissioni.
Lo scandalo Rimborsopoli in Piemonte è solo uno dei tanti che ha travolto la politica regionale. Su 20 sono ormai 15 le regioni sotto la lente della magistratura, impegnata in indagini, inchieste e processi per politici regionali che hanno sperperato denaro pubblico in ogni genere di cose. Dalle mutande alle cene e bottiglie costose, passando per i caffè e la tassa sui rifiuti, i consiglieri regionali di ogni partito, destra e sinistra, hanno usato i soldi pubblici pur a fronte di stipendi più che elevati.
Mentre lo stesso Chiamparino è in aperta polemica con Matteo Renzi per i tagli imposti alle Regioni dalla legge di stabilità, si torna a parlare di scandali che, da Nord a Sud, da destra a sinistra, hanno lo stesso volto: politici regionali che hanno usato soldi pubblici per cose private, causando un danno allo Stato e quindi a tutti i cittadini, a partire da chi li ha votati.
Come per la macchina centrale dello Stato, anche nelle Regioni i costi della politica sono tra i più elevati: i consiglieri regionali guadagnano e bene, ma non hanno nessun timore di mettere tra i rimborsi anche un caffè da 90 centesimi.
I costi delle Regioni
Il dato da cui partire è dunque quello dei costi delle Regioni. Il primo studio che si è avventurato in questo dedalo è stato quello della Voce.info condotto da Roberto Perotti che ha messo in chiaro il vero problema: non bastassero le spese per la macchina centrale dello Stato, le Regioni hanno dei costi altissimi che ricadono invariabilmente sui cittadini.
I numeri arrivano dall’analisi dei bilanci regionali per il 2012, da cui si evincono i costi totali per ogni singolo consigliere, dividendo tra retribuzione, spese per i consiglieri cessati dal mandato (gli ormai noti vitalizi), spese per il personale, contributi ai gruppi consiliari e altre spese che includono beni e servizi, spese di rappresentanza, consulenze e tutto ciò che attiene al lavoro politico.
Il dato finale e complessivo per tutte le Regioni, contando tutte le voci, è un costo di circa un miliardo di euro all’anno (985.991.000 euro) per i 1.117 consiglieri totali: quasi 230 milioni di euro per i consiglieri in carica, 172.572.000 per i vitalizi a cui si aggiungono quasi 96 milioni di euro per i gruppo consiglieri e 160 circa per altre spese e 326 euro per il personale.
La palma della Regione più costosa spetta alla Sicilia che spende 156 milioni (90 i consiglieri in carica), seguita dal Lazio a quota 84 milioni di euro (a cui sarebbero da aggiungere dai 20 ai 30 milioni di spese per il personale, dato che manca nel bilancio e che Perotti presume una spesa vicina a quella della Lombardia).
Capitolo retribuzione. In media un consigliere regionale guadagna come emolumento circa 200mila euro all’anno, dalla media di 118mila euro dell’Emilia Romagna a quella di 281mila della Calabria (vedi infografica). A questi si devono aggiungere altre voci di spesa a cui ogni consigliere ha diritto e qui le cifre aumentano e di molto. Per ogni consigliere siciliano si spende 1,7 milioni di euro l’anno a fronte di 229mila euro di retribuzione, il che rende la Regione la più costosa d’Italia, seguita dalla Calabria (1,5 ml), Lazio (1,1 ml), Campania (1,08 ml) e Piemonte (1,02 ml).
In media ogni Regione spende circa 875mila euro per consigliere in tutto quello che può servire al suo lavoro, ma con differenze notevoli tra i 410mila euro della Valle d’Aosta e la cifra della Sicilia.
Certo la Valle d’Aosta non è grande e popolosa come la Sicilia, ma si parla del triplo delle spese. Più è grande la Regione da amministrare e più si spende, si dirà: eppure l’Emilia ha oltre 4 milioni di abitanti e spende in media 650mila euro, contro la Calabria che ha 1,5 milioni di abitanti e spende 1,5 ml. Il costo per abitanti nelle due Regioni è emblematici: agli emiliani ogni consigliere costa 7,7 euro annui contro i 40 dei calabresi.
Gli scandali
Nonostante i soldi pubblici che arrivano alle Regioni, gli scandali si ripetono da Nord a Sud. L’ultimo, in ordine di tempo, è quello della Sicilia: per tutta risposta, i capigruppo dell’Ars hanno deciso di aumentarsi lo stipendio di 1.160 euro al mese. Eppure, tra di loro c’è chi ha chiesto il rimborso per l’abbonamento a Diabolik.
Gli indagati, da Nord a Sud, hanno addebitato allo Stato cene, valigie di lusso, viaggi e Spa, persino i caffè: le accuse sono sempre le stesse: peculato, appropriazione indebita e spuntano casi di truffa e falso. Soldi destinati ai gruppi consigliari usati per il Suv, come fece Franco “Er Batman” Fiorito (condannato in primo grado a 3 anni e 4 mesi, con 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, per appropriazione indebita di 1,3 milioni di euro), ma anche dirottati ad amici e parenti, come risulterebbe dalle indagini della Procura di Palermo.
Libri o conti dei ristoranti truccati con la semplice aggiunta di un numero finale, come accaduto in Basilicata, fino alle mutande verdi di Roberto Cota in Piemonte. Sembra triste, ma il motto “Tutto il mondo è paese” in Italia unisce le regioni, da Nord a Sud, più di qualsiasi altro.
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