Lo scandalo Volkswagen poteva scoppiare molto prima se l’Europa non avesse “coperto” la Germania. Secondo quanto rivelato dal Financial Time, l’Unione Europea sapeva dei problemi dei test sulle emissioni almeno dal 2013. L’ex Commissario all’Ambiente Janez Potocnik aveva scritto una relazione su quanto scoperto dai tecnici del Joint Research Center europeo, avvisando delle “discrepanze significative” tra le performance delle auto sul strade e i test in laboratorio. La Commissione però non fece nulla, si limitò a lasciare le cose come stavano, di fatto coprendo quello che stava avvenendo in Germania. Se fosse successo in Italia, con la Fiat al posto della Volkswagen, le cose sarebbero andate così?
Siamo nel campo delle ipotesi, sia chiaro. Non possiamo ricostruire una storia con i se e i ma; possiamo però guardare ai fatti e farci un’opinione. Lo scandalo dei motori diesel Volkswagen scoppia dopo la segnalazione dell’Epa, l’ente per la protezione ambientale americana. Suona bizzarro che la nazione responsabile di gran parte dell’inquinamento atmosferico abbia scoperto il trucchetto, ma tant’è. Le dimensioni della vicenda assumono subito proporzioni catastrofiche: la casa automobilistica tedesca ha truccato i test e ha immesso nel mercato auto che emettevano più gas di scarico del consentito e di quanto dichiarato. Una mega truffa da miliardi di dollari, allo scopo di tenere testa a Toyota e strapparle il primato mondiale di vetture vendute. Si rincorrono le voci: il governo tedesco sapeva, Angela Merkel sapeva, tutti sapevano, compresa l’Europa, eppure nessuno ha fatto nulla.
Secondo quanto rivelato dal quotidiano inglese, la Commissione europea sapeva della truffa almeno da due anni. La difesa è arrivata a stretto giro. “I ricercatori Ue hanno misurato solo le emissioni delle auto, non i motori cui non avevano accesso, scoprendo gas in laboratorio diversi da quelli su strada: una cosa nota che ha portato la Ue a introdurre test su strada dal 2016”, ha dichiarato un portavoce della Commissione. Inoltre, la stessa Commisione ha ricordato che è compito degli Stati verificare i software, non di Bruxelles.
L’ex Commissario all’Ambiente però era stato chiaro: nel 2013 aveva capito che la “significativa discrepanza” tra test e realtà era la “principale ragione” del peggioramento della qualità dell’aria che non scendeva sotto i parametri stabiliti dalla UE.
Non si è intervenuti perché la Volkswagen è tedesca? Perché negli anni della crisi era la Germania di Angela Merkel a tenere insieme i conti europei? Senza la stabilità economica del settore automobilistico (Volkswagen compresa), la potenza teutonica avrebbe potuto vacillare e con lei le politiche di austerità tanto difese dalla allora commissione Barroso? Dubbi leciti.
Se fosse successo in Italia, ci sarebbe stata la stessa alzata di scudi? Difficile da credere. Prendiamo la questione immigrazione. Sono anni che il nostro Paese (con la Grecia, guarda caso), si fa carico da solo delle migliaia di disperati in fuga; per anni l’Europa (e la Germania) non ha voluto cambiare una virgola delle leggi europee. Quando però la Merkel ha aperto ai profughi, ecco che avviene il miracolo e i Paesi membri si fanno carico degli immigrati. Come diceva un vecchio della politica nostrana, “a pensar male si fa peccato, ma si indovina sempre”.
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