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La stagione influenzale 2017-2018 è stata la peggiore in Italia degli ultimi 15 anni. Ci sono stati ben 8 milioni e 677mila casi, 744 dei quali gravi, e purtroppo 160 morti, tra cui 2 donne incinte, il triplo dei decessi rispetto alla stagione precedente. Gli esperti hanno elencato diversi fattori che hanno influito nella maggiore diffusione virale: primo tra tutti il mancato raggiungimento degli obiettivi minimi di copertura vaccinale fissati al 75%, e di quelli ottimali pari al 95%, e l’ampia e inattesa circolazione del virus B/Yamagata, che non era inserito nel vaccino stagionale trivalente e che ha colpito non solo come previsto i bambini, ma inaspettatamente anche adulti e anziani, rendendosi responsabile di oltre il 60% dei casi. L’appello degli esperti ai politici è di non risparmiare sui vaccini, ma lavorare per garantire la massima copertura attraverso l’utilizzo dei vaccini quadrivalenti.
Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano, fotografa ciò che è successo l’anno scorso: “Il problema è stata la presenza di questo virus B/Yamagata non presente nei vaccini trivalenti in cui era stato scelto un alto stipite di tipo B. I quadrivalenti, invece, hanno un ombrello più ampio e possono quindi darci più sicurezza sulla massima copertura anche rispetto a situazioni inattese. Oms e Agenzia europea per la salute hanno già rilanciato l’esigenza di dare priorità ai vaccini quadrivalenti, che contengono i due virus di tipo A e le due famiglie di virus B. Soprattutto per i giovani e i giovani adulti, così come per i bambini che sono i principali diffusori della malattia, deve essere considerata la scelta prioritaria”.
Anche perché c’è il rischio che “un soggetto che quest’anno ci era vaccinato con un vaccino trivalente, ma ha poi avuto la malattia dovuta al ceppo di virus B non presente nel vaccino – sottolinea Paolo Bonanni, docente di Igiene all’Università degli Studi di Firenze – potrebbe essere molto meno disposto a vaccinarci l’anno prossimo, perché avrà la sensazione di aver fatto inutilmente la vaccinazione che non è stata capace di proteggerlo”.
“Nella scorsa stagione influenzale – evidenzia Bonanni – le politiche vaccinali delle Regioni sono state diverse: alcun hanno fatto una scelta avveduta sulla base del rischio e della maggiore copertura, quindi hanno distribuito il vaccino quadrivalente per le fasce d’età fino a 65-70 anni o il vaccino adiuvato per le fasce di età superiori. Altre Regioni, forse in maniera un po’ miope, hanno continuato a utilizzare il vaccino trivalente, ingenerando la sensazione che il vaccino non possa coprire tutte le forme di influenza. Sicuramente l’utilizzo di un vaccino trivalente contribuisce a prevenire meno infezioni di quelle che potremmo prevenire utilizzando uno quadrivalente”.
E studi di Health Technology Assessment (Hta) hanno dimostrato che la quadrivalente porterebbe a una sostenibilità economica, nel senso che il costo per ogni anno di vita guadagnato è sotto i livelli massimi, ma anche un effetto indiretto sull’epidemiologia dell’influenza. In altre parole: “Noi vacciniamo soprattutto gli anziani perché possono avere forme gravi, complicanze e possono addirittura morire – ricorda Bonanni – ma se vacciniamo i bambini, che sotto i 5 anni possono avere anch’essi forme molto importanti, otteniamo un effetto aggiuntivo. I bambini infatti possono essere considerati i maggiori ‘untori’ del virus, quindi facendo una vaccinazione su larga scala impattiamo anche sulla trasmissione agli adulti e anziani, cioè sulla protezione di categorie che hanno il maggiore rischio di influenza. Il tutto con un doppio beneficio: una copertura sui bambini piccoli che, come dicevo, sono a rischio di forme gravi di influenza, ma avremo contemporaneamente una minore diffusione del virus alla popolazione adulta e anziana”.
Purtroppo la scelta dell’acquisto di un vaccino piuttosto che un altro tipo passa per le decisioni di politica sanitaria, nazionale e locale, nelle quali anche il ‘fattore costi’ pesa molto.
“E’ vero che il vaccino quadrivalente costa un po’ di più rispetto al trivalente – osserva l’esperto – ma sono soldi assolutamente ben spesi, perché proteggere maggiormente il bambino protegge anche gli adulti e gli anziani. Dunque tutto ciò che investo lo recupero in minori giornate lavorative perse da parte dei genitori, minori ospedalizzazioni, minori costi delle degenze e minori costi dei farmaci per trattare l’influenza. Insomma, l’investimento va sempre visto non solo per la spesa iniziale, ma anche per quello che poi mi ritorna”.
“L’influenza – sostiene Bonanni – viene spesso considerata una malattia ritenuta, a torto, banale. Ma in realtà è la malattia infettiva che si diffonde di più e nel nostro Paese è tra quelle che fanno più morti. Quindi investire in prevenzione per l’influenza è un investimento assolutamente importante, saggio, che fa aumentare il livello della salute della popolazione a un costo tutto sommato modesto. Proprio in questo senso, un appello che possiamo fare a chi deve decidere quali sono i vaccini da utilizzare – conclude – è di scegliere i prodotti che ci garantiscono la massima possibilità di copertura ed efficacia. Quindi, come già detto, i vaccini quadrivalenti nella popolazione fino a 65 anni e quelli adiuvati nella popolazione over 65”.
In collaborazione con AdnKronos
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