Trattato di Schengen, respingere i migranti ci costerebbe 100 miliardi

Controlli alla frontiera austriaca

Sospendere il trattato di Schengen costerebbe all’Europa fino a 100 miliardi di euro l’anno. Abolire la libera circolazione di cittadini e merci sarebbe per l’economia europea una botta tremenda. Le maggiori ripercussioni ricadrebbero sui paesi più in difficoltà come l’Italia. L’analisi è arrivata dal France Stratégie, istituto economico del governo francese.
Il trattato di Schengen, firmato nel 1985, coinvolge alcuni stati membri dell’Unione Europea e alcuni terzi, garantendo la libera circolazione dei cittadini europei sui territori aderenti. La possibilità di muoversi senza passaporto e controlli alle frontiere, insieme alla libera circolazione delle merci, è stata un volano per l’economia. L’emergenza migranti degli ultimi mesi sta però facendo vacillare il trattato e alcuni paesi stanno spingendo per l’addio alla libera circolazione in Europa. Danimarca, Austria, Svezia, Ungheria e Polonia hanno già chiuso le frontiere. E possono farlo. Il trattato prevede infatti che ogni Stato può sospendere l’uso del trattato per un limitato periodo e per specifici motivi.

Quali sarebbero le ripercussioni economiche della fine del trattato di Schengen? Se la sospensione fosse temporanea, dunque legata alla crisi migratoria, i danni sarebbero limitati e riguarderebbero soprattutto turisti giornalieri e del week-end (in calo del 5% e del 2,5%), lavoratori transfrontalieri e trasporto merci. Se il ripristino delle frontiere fosse definitivo le conseguenze sarebbero disastrose, fino a un danno di 100 miliardi all’anno. Secondo France Stratégie, gli scambi commerciali nella UE calerebbero fino al 20%, anche a causa delle nuove tasse sui beni trasportati. In fumo andrebbe lo 0,8% del Pil continentale: 28 miliardi per la Germania, 13 per l’Italia, 10 per la Spagna e 6 per l’Olanda.

Le conseguenze della chiusura temporanea di alcune frontiere sono già evidenti. I controlli tra Danimarca e Svezia costano circa 150mila euro al giorno e allungano a 45 minuti il viaggio dei pendolari. Per passare dalla Francia al Belgio ci sono trenta minuti di attesa. I quindici nuovi addetti assunti ai varchi dell’immigrazione dell’aeroporto di Helsinki causano code lunghissime e pesano sui conti della Finlandia. Secondo l’istituto francese una coda di 10 minuti alla frontiera, per quasi due milioni di transfrontalieri, costerebbe 1,2 miliardi all’anno. Per non parlare dei 60 milioni di autotrasportatori che girano in Europa: bloccarli alle frontiere manderebbe in fumo svariati milioni di euro.

Gli agenti di frontiera costerebbero inoltre alla UE almeno 300 milioni. A pagare il conto più salato, come sempre, i paesi più piccoli. Il 70% dell’economia della Slovacchia si regge sui rapporti commerciali con gli altri paesi europei. Ingenti danni anche per l’Italia, che nel 2015 ha esportato verso l’Unione beni per 208 miliardi, importandone per 197. Un impatto negativo si avrebbe anche sul turismo: nel 2014 sono arrivati 17 milioni di turisti europei. I controlli alle frontiere, se ripristinati definitivamente, potrebbero ridimensionare tutto accentuando la crisi economica.

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