Il fumo nuoce gravemente te e chi ti sta intorno: ormai questo, quasi come un mantra, è entrato nella testa di tutti coloro che almeno una volta nella loro vita hanno visto un pacchetto di sigarette. Eppure, nonostante tutti siano consapevoli di ciò, pare che questa pratica continui a essere estremamente diffusa nella popolazione italiana: lo dimostrano i dati emersi dal “Rapporto sul fumo in Italia”, presentato in occasione della Giornata mondiale contro il tabacco 2022. Per questo motivo il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, vorrebbe aumentare la stretta contro il fumo, inserendo nuove limitazioni.
Che fumare faccia male – questo vale anche per il fumo passivo – è ormai risaputo da tempo immemore, eppure pare che per molti questo non costituisca affatto un freno. Quasi un italiano su quattro fuma e questo non è affatto un dato rincuorante ovviamente. Proprio per questo motivo, il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha deciso di introdurre nuove limitazioni sia alle sigarette tradizionali, che alle nuove a tabacco riscaldato, sempre più diffuse.
In Italia negli ultimi 47 anni vi è stata una stretta sul fumo sempre più forte. Risale, infatti, all’11 novembre 1975 la legge n. 584. Questa fu la prima – in ordine cronologico, si intende – che vieta il fumo in alcuni luoghi (tutti al chiusi): parliamo dei mezzi di trasporto pubblico e in alcuni locali, tra cui ospedali, cinema, teatri, musei, università e biblioteche. Circa undici anni dopo, nel 1986 precisamente, l’allora Ministro della Sanità, Costante Degan, presentò un disegno di legge finalizzato a estendere le limitazioni, che avrebbero dovuto comprendere anche ristoranti e luoghi di lavoro. All’epoca, però – oggi fa sorridere leggere queste cose considerate le ultime evoluzioni – questa proposta suscitò non poche polemiche e venne accantonata.
Solo altri cinque anni dopo, nel ’91, sui pacchetti di sigarette iniziò a comparire la scritta a caratteri cubitali “il fumo è nocivo”. Ma dovremo aspettare altri 12 anni per poter assistere a nuove limitazioni: risale, infatti, al 2003 la legge n. 3 art. 51 – conosciuta ai più come Legge Sirchia, essendo stata voluta dall’allora Ministro della Sanità, Girolamo Sirchia – che stabiliva che era “vietato fumare nei locali chiusi, ad eccezione di quelli privati non aperti ad utenti o al pubblico” (ovviamente costituivano un’eccezione le apposite sale fumatori).
Adesso le regole per i fumatori potrebbero diventare ancora più stringenti: il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha proposto di estendere il divieto di fumo anche nei luoghi all’aperto, in alcune specifiche situazioni.
Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, sogna una generazione senza tabacco e non fa nulla per nasconderlo. Ecco che quindi tra le sue iniziative ne compaiono diverse legate al fumo, tutte atte a limitare ulteriormente – partendo dalla succitata legge Sirchia – i luoghi in cui questa pratica è permessa, probabilmente al fine di rendere questa pratica quanto meno diffusa possibile.
Quello che Schillaci vorrebbe fare è estendere il divieto anche all’aperto in presenza di donne in gravidanza e minori, eliminare le sale fumatori dai luoghi chiusi, equiparare i divieti anche alle sigarette elettroniche e tutti i prodotti derivanti da tabacco riscaldato, proibire le pubblicità di questi ultimi e di tutti i nuovi prodotti contenenti nicotina.
Come lo stesso Ministro ha detto esplicitamente durante l’audizione in Commissione Affari sociali alla Camera, lo scopo è “affrontare la prevenzione e il contrasto del tabagismo, tuttora la principale causa di morbosità e mortalità prevenibile in Italia, per conseguire l’obiettivo sfidante del Piano europeo contro il cancro 2021 di creare una ‘generazione libera dal tabacco’, nella quale meno del 5% della popolazione consumi tabacco entro il 2040”.
In effetti, dati del “Rapporto sul fumo in Italia” alla mano, le sue parole rispecchiano al 100% la realtà dei fatti. Il 24,4% della popolazione italiana – che significa quasi un italiano su quattro – fuma e la percentuale risulta essere la più alta in assoluto dal 2006 (basti pensare che solo lo scorso anno è aumentata di due punti). A questo si aggiunge il fatto che anche il numero di persone che fuma sigarette a tabacco riscaldato sta aumentando sempre di più: nel 2019 queste costituivano l’1,1%, mentre nel 2022 il 3,3%, che significa che in tre anni sono praticamente raddoppiate. A ciò si aggiunge anche che il 36,6% dela popolazione le considera meno dannose rispetto alle sigarette tradizionali.
Alla luce di questo quadro che tutto è tranne che idilliaco, il governo attuale vorrebbe “aggiornare e ampliare l’articolo 51 della legge 3/2003”. Proprio per questo motivo, il ministro della salute ha affermato che “dovranno essere adottate misure atte a garantire a tutti i cittadini la massima tutela della salute, fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, tenendo conto della costante crescente diffusione nel mercato di nuovi prodotti (sigarette elettroniche; prodotti del tabacco senza combustione) e delle sempre più numerose evidenze sui loro possibili effetti dannosi per la salute. (…) Accanto al supporto agli interventi di prevenzione e di disassuefazione si ritiene necessario e strategico assicurare il massimo supporto alle azioni dell’Unione Europea attraverso il recepimento entro il 23 luglio 2023 della direttiva delegata della Commissione che emenda la direttiva 2014/40/EU relativamente all’eliminazione di alcune esenzioni che riguardano i prodotti del tabacco riscaldato, onde consentirne l’entrata in vigore dal 23 ottobre 2023, e al processo di complessiva revisione della Direttiva 2014/40/EU e della Direttiva fiscale. Tale processo punta a consentire che i diversi molteplici interessi correlati ai prodotti del tabacco, che coinvolgono i Dicasteri economici, non prevalgano sulla tutela della salute”.
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