Elly Schlein, la segretaria del Partito democratico, la leader dei dem, è scesa in battaglia contro il governo, e lo ha fatto ancora una volta avvicinandosi a quella fetta di Paese che non si sente rappresentata. Quella parte che di silente non ha nulla, ma che non viene capita, peggio non viene ascoltata da chi siede tra i banchi dell’esecutivo.
Lo ha fatto a Cutro, in quella parte di mondo che non sapevamo neanche esistesse tre settimane fa, quella in cui ancora si contano i migranti morti di una strage che forse poteva essere evitata – ma questo sarà la procura a chiarirlo -, lo ha fatto a Firenze, quando si schierata dalla parte degli studenti, dei presidi, che sentono quasi di non essere più sicuri nelle scuole, nei licei, lo ha fatto, ora, a Milano, quando ha scelto di scendere in piazza a manifestare contro chi rivendica i diritti LGBTQI+, e poco conta che lei sia bisessuale, che abbia una compagna, c’entra che quelle persone, a cui il governo di Giorgia Meloni ha deciso di non riconoscere di avere dei figli, per l’ennesima volta, spesso non hanno trovato in Parlamento qualcuno che li ascoltasse, e adesso hanno lei.
Lei, appunto, che sta facendo un’opposizione costruttiva all’altra donna al potere. Quanto lo sta facendo bene dalle piazze, dalla strada, tra la gente, lo sta facendo bene nella loro arena in comune: Montecitorio. L’aula della Camera, in cui mercoledì c’è stato il primo vero loro faccia a faccia, il primo tra due donne leader dei maggiori partiti in Italia (alle elezioni, quel del 25 settembre, che però potevano essere considerati voti per lo schieramento per quanto riguarda il Pd, e nei sondaggi).
È stato un pezzetto di storia, che è stato scritto tanto dall’inquilina di Palazzo Chigi, quanto da chi, sovvertendo tutte le aspettative, i pronostici, i voti dei circoli, si è presa in mano i dem, e li sta portando ad attaccare quel potere che Meloni si è presa in maniera legittima, vincendo sul campo, e facendo a sua volta un’opposizione costruttiva. È stato un pezzetto di storia perché queste due donne, diversissime sulle questioni, dalla prima all’ultima, sono simili nella loro perseveranza, e forse lo sono anche perché sono donne.
In quel caso si poteva decidere di stare dalla parte della presidentessa del Consiglio (e sì, noi continueremo a definirla tale perché, di fatto, la grammatica italiana ce lo consente, e chi siamo noi per andare contro di lei? È stata una lotta anche quella), o dalla parte di Schlein, comunque ci ha riconciliato, in un certo senso, con il mondo della politica, e quello della democrazia – non sarebbe male se ogni tanto si arrivasse a discutere una legge che passa per il Parlamento e non arrivi dal governo con inserita anche una questione di fiducia.
C’è sull’immigrazione, sull’ambiente, sul Superbonus, anche se non si era capita bene la domanda, sul salario minimo, e c’è sui diritti per le coppie omosessuali. Diritti fondamentali nel 2023, diritti che non si dovrebbe neanche discutere di dover ottenere perché dovrebbero essere già là, eppure no perché c’è sempre qualcuno che la pensa in maniera diversa, e invece non deve essere così, deve essere che una persona deve essere felice in primis, poi poco importa chi decide di amare, sono comunque fatti loro, non miei, non di Meloni, non di Matteo Salvini, o chi per loro.
E quindi di nuovo la piazza, quella in cui la neo segretaria del Partito democratico è andata a mostrare la sua vicinanza, nella stessa settimana in cui l’esecutivo ha messo il primo stop al progressismo necessario, in cui è stato presentato anche un disegno di legge che parla di matrimoni egualitari, adozioni per single e coppie dello stesso sesso e riconoscimento di figli di coppie dello stesso sesso dalla nascita. E si deve ricordare questo, perché è importante, lo si deve ricordare quando si va al voto, e si deve capire, ancora, da che parte si vuole stare, se da quella che vi sembra così lontana ma che non sapete se non vi possa capitare da vicino – e poi, non vi sarà mai capitato di incontrare un gay? Ha le branchie? Va in giro con una maschera a seminare il panico? No, è una persona esattamente come lo siete voi – o dall’altra, quella in cui da vicino e da lontano è più importante, appunto, che tutti abbiano gli stessi diritti.
Essere etero, non esserlo, essere nati in Italia o altrove, arrivare con i gommoni oppure viverci da sempre, non sono scelte nostre, sono la vita. Quella che ci capita. Quella che non si giudica. A prescindere, e in maniera particolare. Ecco, Schlein è stata con loro perché ci crede, nella libertà, certo, ma anche nell’uguaglianza.
Un’uguaglianza che, ancora, pare non vogliano dal centrodestra. Sollecitato sulla domanda da Concita De Gregorio, in In onda, su La7, il vicepresidente della Camera in quota Fratelli d’Italia, uno dei padri putativi di Meloni, Fabio Rampelli, ha spiegato nel merito che non volere che le coppie gay registrano i propri figli significare anche dire di no a quelle persone che ricorrono alla maternità surrogata in altri Paesi, “spacciando per loro” figli che non lo sono.
Frasi che non sono piaciuta a un’altra vicepresidentessa, quella del Parlamento europeo, ma in quota Pd, Pina Picierno, la stessa che ha sostenuto fino alla fine Stefano Bonaccini, lo sfidante della deputata italo americana, lo stesso di cui era il numero uno la stessa segretaria, e che lei ha battuto senza colpo ferire ai gazebo. L’ennesima prova che ora, lo schieramento del Nazareno, viaggia unito verso la meta. Non più divisioni, non più correnti, c’è Schlein e noi tifiamo solo per il partito, per il Partito democratico, e vogliamo solo il suo bene, che poi è il bene di chi vuole che le cose cambino, anche perché siamo nel 2023.
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