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Lo sciopero nazionale dell’8 marzo è stato indetto da sindacati come l’USB, l’USI Lavoro Privato, Cobas, CUB trasporti, Cgil, Cisl e Uil e dovrebbe creare parecchi disagi nel trasporto pubblico locale, sui treni e gli aerei – ma anche nella scuola, nella sanità e nei servizi. Quali sono i motivi di questa protesta?
Lo sciopero dell’8 marzo fa parte di un contesto più ampio: si tratta di una protesta promossa in molti paesi del mondo, in corrispondenza della Giornata internazionale della donna. Nel nostro paese è stata rilanciata dal movimento “Non una di meno”.
Sciopero dell’8 marzo 2018: perché ci si ferma
Come in altri 70 paesi, gli aderenti allo sciopero dell’8 marzo si asterranno dal lavoro – ma anche da ogni attività di cura, formale o informale, gratuita o retribuita – perché sono “contro la violenza economica, la precarietà e le discriminazioni”, e per sovvertire “le gerarchie sessuali, le norme di genere, i ruoli sociali imposti, i rapporti di potere che generano molestie e violenze”. Nelle intenzioni degli organizzatori dello sciopero dell’8 marzo, si vorrebbe arrivare al coinvolgimento di tutti i settori del lavoro pubblici e privati e di tutti i lavoratori – dai/dalle dipendenti a tempo indeterminato, alle partite IVA, ai/alle precari/e, alle lavoratrici in nero e stagiste -, ma anche disoccupate e studentesse.
La manifestazione vorrebbe denunciare anche la violenza maschile sul posto di lavoro, la mancanza di finanziamenti e riconoscimenti delle associazioni antiviolenza e la chiusura degli spazi dedicati alle donne. Sarà uno “sciopero femminista” che potrà essere supportato anche dagli uomini in varie forme: con l’astensione dal lavoro, l’accudimento di figli e familiari, o ancora la partecipazione diretta alle mobilitazioni previste su tutto il territorio.
Sciopero dell’8 marzo 2018: contrastare la violenza sulle donne
Non si può che essere d’accordo con i motivi che stanno dietro lo sciopero dell’8 marzo. Meno sullo strumento scelto: lo sciopero ha senso quando veicola una richiesta precisa: serve per fare pressione con l’obiettivo di far aprire un tavolo di confronto con la controparte. Quando le motivazioni sono così generiche finisce per essere fine a se stesso, diventare un’occasione per mobilitarsi e poi fare come se nulla fosse il resto dell’anno.
Di occasioni per cambiare la situazione ce ne sono tante. Ma bisogna impegnarsi ogni giorno. Solo per fare un esempio: Per il piano strategico 2017-2020 contro la violenza sulle donne, lo scorso governo aveva ipotizzato uno stanziamento di 30 milioni di euro. Sono troppo pochi, e quindi chi ha veramente a cuore la condizione femminile dovrà impegnarsi, e se occorre mobilitarsi, affinché il prossimo governo trovi più soldi per questo piano – e vigilare poi affinché i soldi siano spesi bene.