Lo sciopero dei trasporti ormai può essere considerato un punto fermo nel nostro Paese. Spesso ci ritroviamo ad avere a che fare con problemi di mobilità in varie città italiane. Specialmente i pendolari e chi per lavoro ha necessità di spostarsi da un luogo all’altro, utilizzando i mezzi pubblici, volta per volta si ritrovano ad affrontare disagi che sono sempre gli stessi. L’oggetto del contendere è spesso il rinnovo del contratto nazionale, riguardo al quale si portano avanti da anni trattative, ma non si riesce a raggiungere nessun accordo. E’ da sei anni in particolare che i sindacati si battono nei confronti delle associazioni dei datori di lavoro.
Il contratto lavorativo è scaduto e in particolare si manifesta un disaccordo sulle ore lavorative settimanali. Secondo i rappresentanti dei sindacati, si ricercano più produttività e più flessibilità. Il problema è che le condizioni che vengono poste sarebbero inaccettabili da parte dei lavoratori, perché non sono in linea con i contratti di altre categorie. In alternativa ci sarebbero i soldi che dovrebbero arrivare dal Governo.
Gli aiuti pubblici
I soldi approntati dall’esecutivo rappresentano una delle questioni più spinose di tutta la situazione. Sono intervenuti a questo proposito Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, e Maurizio Lupi, ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture. Il loro obiettivo è stato quello di convincere le associazioni dei datori di lavoro a firmare un nuovo contratto, sbloccando 1,2 miliardi di crediti che le aziende di trasporto possono vantare nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Tutto questo metterebbe le aziende nelle condizioni di risparmiare al livello degli interessi sui debiti fatti con le banche. Tuttavia non c’è stata una risposta positiva da parte delle associazioni di categoria, le quali hanno considerato gli interventi ministeriali come un atto dovuto. Tra l’altro è da specificare che in questo momento il Governo non può mettere a disposizione altri soldi, perché il fondo nazionale prevede 4,9 miliardi l’anno e in questo momento c’è un fabbisogno che è stato stimato nell’ordine di 6,4 miliardi.
La risposta delle aziende
A parlare in nome delle aziende e delle associazioni dei lavoratori è stato Marcello Panettoni, presidente dell’Asstra. E’ stato fatto notare che molte aziende si trovano al limite del fallimento. Le imprese non possono firmare un contratto, se questo prevede l’incremento dei costi di gestione. La loro richiesta di maggiore flessibilità e allo stesso tempo di una più alta produttività corrisponderebbe, secondo il loro parere, ad una restituzione in stipendi.
Si potrebbe sbloccare la situazione, secondo le aziende, se i lavoratori arrivassero ad avere più di 90 giorni di riposo all’anno e non soltanto i 52 stabiliti dal contratto nazionale. Allo stesso tempo si dovrebbero aumentare le ore di guida, condizione che i sindacati non vogliono accettare. Alla situazione già parecchio complicata si aggiungono i costi storici, visto che in passato le aziende che hanno speso di più hanno preso più soldi da parte dello Stato e non sono state incentivate a garantire una maggiore efficienza nei servizi.
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