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Categories: Politica

Scissione PD, ma ogni volta che la Sinistra si è divisa ha perso voti

La scissione PD non ha meravigliato quasi nessuno, le scissioni a sinistra non sono un’esclusività dei nostri giorni, ripetutamente la sinistra italiana si è divisa, mostrando di avere una storia molto complessa e sfaccettata. Anche il Partito Democratico è diviso, come a dire: la storia si ripete inevitabilmente. Stavolta è il turno degli scissionisti del Pd, di Pier Luigi Bersani, di Speranza, di Michele Emiliano, che vogliono allontanarsi da Matteo Renzi e dalla sua politica. Ma non sembrano esserci grandi novità all’orizzonte, tutto è già stato visto. Nel corso degli anni, infatti, abbiamo assistito a diversi e numerosi sgretolamenti delle formazioni politiche di sinistra, poi seguite da avvicinamenti e di nuovo da lacerazioni e scioglimenti. Ma ogni volta che la Sinistra si è divisa, per chi se n’è andato il risultato è sempre stato lo stesso: ha perso voti diventando, di fatto, un piccolo partitino senza peso politico, destinato all’oblio e allo scioglimento. Facciamo allora un breve viaggio nella storia delle scissioni a sinistra, dal Pci a ciò che resta del Partito Democratico.

Il primo partito politico che racchiudeva il mondo della sinistra in Italia è stato il Partito socialista, che nel 1895 assunse la sigla di Psi. Nel 1921 il gruppo di Antonio Gramsci, Bordiga e Togliatti, in disaccordo con i dirigenti riformisti del Partito Socialista italiano, fondavano il PCI in occasione del congresso tenutosi a Livorno.

Era il 1947 quando Giuseppe Saragat decideva di lasciare il Partito Socialista italiano fondando un nuovo gruppo di socialdemocratici, il Partito Socialista dei lavoratori italiani, in netto contrasto con l’alleanza PSI-PCI e con la politica frontista e ”troppo comunista” di Pietro Nenni.

Era il 1964 quando l’ala sinistra del PSI si scindeva fondando il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (Psiup), partito che non durò tanto e che nel 1972 sparì confluendo nel Pci. Fece eccezione l’ala guidata da Vittorio Foa, che insieme alla sinistra del Movimento Politico dei Lavoratori (MPL) formò il Partito di Unità Proletaria (Pdup), che poi nel 1974 a sua volta si fuse con il gruppo de Il Manifesto. Nel 1969, quindi, con la seconda scissione social-democratica dopo il fallimento dell’operazione che aveva portato al Partito Socialista Unitario (Psu), nasceva il Partito Socialista Democratico Italiano (Psdi).

Era il 1991 quando il Partito comunista italiano (Achille Occhetto) si sciolse trasformandosi in Partito Democratico della Sinistra e perdendo una parte di tesserati che confluirono in Rifondazione Comunista.

Nel 1995 i gruppi parlamentari di Rifondazione si sono scissi dando vita ai Comunisti Unitari. Nel 1998 la divisione si era fatta più netta tra l’ala d’opposizione guidata da Fausto Bertinotti e quella più governativa di Armando Cossutta.

Nel 1998, stanca delle divisioni interne, la sinistra italiana si poneva come obiettivo l’unificazione. Videro quindi la luce i Democratici di Sinistra (Ds). Ma una nuova scissione era alle porte.

Nel 2007, al termine del processo di fusione tra Ds e Margherita, nasceva il Partito Democratico, che ancora oggi vede consumare una forte lacerazione al suo interno.

Era il 2009 quando nasceva Sinistra Ecologia Libertà (SEL), come ultimo tentativo di raccogliere ‘la sinistra del PD’. Nel 2015 si formava un nuovo gruppo parlamentare “Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà”, ma è nel febbraio 2017 che, morta SEL nasce infine Sinistra italiana, con Nicola Fratoianni eletto segretario.

La domanda che ci poniamo ora è: quale futuro ha la sinistra? La voglia di dividersi e seguire strade proprie non ha risparmiato nemmeno i moderati del centro interni al PD, che minacciano a loro volta la sopravvivenza stessa del Partito Democratico. Quello che appare chiaro è che i politici in Italia non sembrano imparare dalla storia, il processo continuo di scissione che ha portato alla frammentazione della sinistra si è sempre rivelato come uno sgretolamento di una comunità che porta a un inevitabile destino: la perdita del sostegno dei cittadini, la perdita di consenso, la perdita di voti. Un processo chiaramente fallimentare.

Kati Irrente

Giornalista per vocazione, scrivo per il web dal 2008. Mi occupo di cronaca italiana ed estera, politica e costume. Naturopata appassionata del vivere green e della buona cucina, divido il tempo libero tra musica, cinema e fumetti d'autore.

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