Il quadro è drastico, le giornate di proteste iniziate dopo la condanna di alcuni leader secessionisti, tra cui l’ex vice-premier Oriol Junqueras, leader della più forte formazione politica secessionista Esquerra Republicana de Catalunya, hanno dato il via a una serie di scontri in Catalogna che hanno portato ad un bagno di sangue lungo le strade di Madrid e Barcellona. Di fatto il Tribunale Supremo ha emesso una sentenza che prevede dai 9 ai 13 anni di carcere per 12 indipendentisti catalani, che lo scorso anno propugnarono la dichiarazione d’indipendenza della Catalogna, quest’ultima dichiarata incostituzionale sulla base dell’Art.2, il quale sancisce l’indissolubilità dello Stato. La condanna ha infiammato il sentimento popolare catalano innescando una serie di reazioni a catena che hanno portato allo scontro tra le forze dell’ordine spagnole e i manifestanti. Le organizzazioni indipendentiste della Catalogna hanno subito risposto mobilitando marce per la libertà e creando disagio nel paese, infatti migliaia di dimostranti hanno risposto presente all’appello di Tsunami Democratìc bloccando l’aeroporto di Barcellona-El Prat, costringendo così le forze dell’ordine a sospendere le attività degli scali aeroportuali e ad aprire un’indagine anti-terrorismo.
In molti sono scesi in piazza per manifestare con cortei pacifici contro il pugno duro del governo spagnolo, infatti le stime contano fino a mezzo milione di persone attive nelle marcie di protesta. La situazione è degenerata quando i Mossos hanno caricato i manifestanti per reprimere i gruppi violenti infiltratisi nei cortei, arrivando ad usare proiettili di gomma e camion idrante per disperdere la folla. Lo scenario che si apre è tipico da guerriglia urbana, con barricate e falò lungo le strade, le stime contano 180 feriti e 83 arresti.
Le perdite sono enormi su ogni fronte, non solo in termini di materia umana, ma anche l’economia nazionale ha subito un duro colpo. Di fatto lo sciopero generale in Catalogna, che vale il quinto del Pil spagnolo, ha avuto ripercussioni pensanti. I più grandi centri di attrazione turistica di Barcellona hanno chiuso i battenti, la basilica della Sagrada Familia come anche la Liceu Opera sono rimaste chiuse al pubblico. Inoltre i disagi che si sono verificati nell’aeroporto della capitale catalana hanno portato alla sospensione di ben 57 voli. Oltre a ciò anche il settore industriale né ha risentito. Infatti la Seat, casa di produzione automobilistica nazionale situata a Martorell, ha subito lo sciopero. Un grave danno, visto che conta oltre 6.500 impiegati. Nondimeno, a causa delle crescenti tensioni, la Liga spagnola ha dovuto rimandare el Clasico, match sportivo di portata internazionale che si disputa tra le eccellenze del campionato, Real Madrid e Barcellona, previsto per il 26 Ottobre.
Dunque il governo in carica, che ha come premier il socialista Pedro Sanchez, sotto pressione da parte della destra, viene esortato all’uso di misure eccezionali per arginare le minacce alla sicurezza e all’unità nazionale spagnola dovute agli scontri in Catalogna. Il premier, di contro, invita alla calma e da Bruxelles afferma che lo Stato “non può lasciarsi andare a una reazione eccessiva”, ma “non ci sarà impunità davanti ad atti di vandalismo”. Il tutto è condito dalle incombenti elezioni previste per il 10 Novembre che saranno indirizzate dall’esito dall’ennesima crisi Catalana.
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