Neanche una sentenza del Tar riesce a mettere d’accordo Matteo Renzi e il M5S. Il Tar di Firenze ha risposto alla richiesta delle consigliere comunali grilline Arianna Xekalos e Silvia Noferi sugli scontrini per le spese da sindaco di Firenze, respingendola. Un duro colpo per il movimento, si dirà. Invece, appena uscita la sentenza, i vertici del movimento, da Luigi Di Maio ad Alessandro Di Battista festeggiano sui social. “Abbiamo vinto il ricorso”, scrive il primo; “Ora non ci sono più scuse”, rincara il secondo. Il tempo che i loro festeggiamenti facciano il giro del web che arriva la doccia fredda. È Matteo Nardella, attuale sindaco di Firenze, a linkare in un tweet la sentenza: “Il ricorso del M5S sugli scontri per le spese di rappresentanza del Comune di Firenze è stato respinto”. Perché i grillini hanno festeggiato? Non hanno letto la sentenza? Cerchiamo di capire cosa è successo.
Il Tribunale di Firenze si è espresso sulla richiesta delle consigliere di vedere tutti gli scontrini e i corrispettivi di spesa sostenuti da Matteo Renzi durante il mandato di sindaco dal 2009 al 2014 e l’ha respinta. Allo stesso tempo, ha condannato il Comune al pagamento delle spese processuali (nell’ordine di 4mila euro). È questo il punto su cui hanno fatto leva gli esponenti del M5S per gridare alla vittoria. Peccato che la sentenza dica chiaramente che il ricorso è improcedibile.
Quindi no, il M5S non ha vinto il ricorso al Tar, nonostante lo abbiano gridato ai quattro venti. E non lo dice il sindaco di Firenze, renziano di ferro: è scritto nella sentenza del Tar.
La storia in sintesi è questa. Le consigliere Xekalos e Noferi chiedono di vedere tutti gli scontrini di Renzi perché erano visibili online solo in parte. Il Comune risponde che non c’è problema, caricando nel frattempo le voci di spesa in sintesi, ma che avrebbero dovuto elencare quali documenti volevano visionare perché si tratta di una mole enorme e sotto diverse voci, anche perché l’ex sindaco non aveva una carta di credito a sua disposizione come invece loro sostengono. Per tutta risposta, le consigliere ribadiscono la loro volontà di vedere tutti gli scontrini: a quel punto il comune risponde di no, si avvia un ricorso al Tar che, a novembre 2015, dà ragione a Palazzo Vecchio. Xelakos e Noferi non si perdono d’animo, memori della caduta di Ignazio Marino a Roma proprio sulla questione scontrini. Si arriva così alla nuova sentenza di marzo 2016.
Questo è il testo esatto: “Nell’ottica di leale collaborazione fra organi pubblici che deve comunque presiedere all’esercizio del diritto di accesso ex art.43 co.2 D.Lgs. n.267/2000, la mancata immediata ostensione di tutti i documenti sottesi a ciascuna delle numerosissime voci di spesa esibite e rese note dal Comune (più di mille), non equivale, infatti, a diniego dell’accesso, ma a un differimento parziale giustificato dalla mole della documentazione potenzialmente interessata e dalla conclamata disomogeneità delle voci di spesa in questione. In forza delle considerazioni espresse, il ricorso va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse. Le spese di lite seguono la virtuale soccombenza del Comune che solo in corso di causa ha provveduto a evadere l’istanza di accesso”.
La sentenza dice che la richiesta del M5S non è ricevibile perché non hanno indicato correttamente quali scontrini e documenti vogliono visualizzare. Riconosce che il Comune ha detto no a tutti i documenti perché sono troppi e non a livello generale, che ha ragione Palazzo Vecchio nel dire di non poter paralizzare uffici e personale e che soprattutto c’è “difetto di interesse”, cioè non c’è un reale interesse nel voler visionare tutti gli scontrini.
Nella sentenza, il Tar ricorda che per legge, “compete al richiedente la selezione preventiva del materiale di proprio interesse, attività propedeutica connaturata alle modalità dell’accesso, che non può mai avere finalità solo esplorative, ancorché il diritto sia esercitato da soggetti cui la legge riconosce una legittimazione rafforzata”. Non si può chiedere documenti in massa, sperando di trovare qualcosa: si possono chiedere quei documenti su cui si ha davvero qualche interesse.
Allora perché il M5S ha festeggiato? “Arianna Xekalos e Silvia Noferi apprendono con soddisfazione che la sentenza ha riconosciuto il ruolo di controllo attribuito dalla Legge 267/2000 ai consiglieri comunali e condannato il Comune di Firenze al pagamento delle spese legali”, si legge nel comunicato stampa delle consigliere grilline. La verità è che il Comune è stato condannato a pagare le spese legali perché ha pubblicato i documenti di sintesi in ritardo e non perché li hanno richiesti, come è loro diritto e dovere.
“Il Tribunale ha considerato troppo numerose le copie dei documenti richiesti e per facilitare il lavoro degli uffici comunali provvederemo a presentare una richiesta più circostanziata”, concludono. Magari, la prossima volta sarebbe meglio leggere tutta la sentenza prima di stappare lo spumante.
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