Queste informazioni sono fondamentali ai fini di un’eventuale trasfusione, dal momento che i gruppi tra donatore e ricevente devono essere compatibili per far sì che non ci siano problemi in futuro. Dobbiamo specificare però che, accanto a questi conosciutissimi, ce ne sono altri considerati rari. Uno di questi è appunto l’Er, scoperto già circa 40 anni fa.
Era il 1982 esattamente quando fu scoperto. Sei anni più tardi – nel 1988 – gli scienziati vennero a conoscenza anche di un’altra versione, che chiamarono Erb. Da qui, l’introduzione del codice Er3, utilizzato per descrivere l’assenza di Era ed Erb. Ma cosa sappiamo in più oggi?
Lo studio
Cosa hanno scoperto gli studiosi su questo gruppo sanguigno? In sostanza il team di ricercatori – guidati dalla sierologa Nicole Thornton del National Health Service Blood and Transplant (NHSBT) del Regno Unito – ha preso in esame in sangue di 13 pazienti con antigeni sospetti. Studiandoli, hanno scoperto cinque variazioni proprio in Er e cioè, insieme alle già note Era, Erb, Er3, ve ne erano anche alcune nuove, Er4 ed Er5.
A quel punto i ricercatori hanno sequenziato i codici genetici dei pazienti e hanno individuato il gene che codifica per le proteine della superficie cellulare: si tratta di PIEZO1, già conosciuto in medicina, perché è associato a diverse malattie. Il team ha poi eliminato il gene da una linea di eritroblasti (alcune cellule che danno vita poi ai globuli rossi) e hanno testato gli antigeni: questo ha fatto sì che il risultato fosse confermato.
Questo studio è di fondamentale importanza soprattutto per il fatto che grazie a questo abbiamo scoperto che anche proteine poco espresse possono rivelare potenziale antigenicità.