Dopo una riunione notturna in cui sono mancati i momenti di tensione, il governo ha varato un nuovo decreto con le misure anti covid. Dal 7 al 15 gennaio previsto il divieto di spostamento tra regioni e nel prossimo fine settimana l’Italia sarà zona arancione. Le scuole riaprono lunedì 11 gennaio, ma alcune regioni si dissociano e aspetteranno la fine del mese.
Inizialmente prevista per giovedì 7 gennaio, la riapertura delle scuole superiori slitta a lunedì 11 gennaio con la ripresa dell’attività didattica in aula per il 50% degli studenti. Q. Mentre elementari e medie riaprono il 7, come previsto. La decisione di questo mini slittamento nasce dalla mediazione raggiunta tra la posizione del Pd, che premeva per un rinvio al 15 gennaio, e quella di M5S e Italia Viva che puntavano alla ripartenza il 7.
Ma non tutte le Regioni sono d’accordo: sono, infatti, molti i governatori che hanno già preso decisioni drastiche per evitare una risalita dei contagi. Tra questi troviamo in prima linea il governatore del Veneto, Luca Zaia, e il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, che ieri hanno annunciato la riapertura delle scuole non prima di inizio febbraio.
“Non mi sorprende che la ministra Azzolina si batta per la riapertura – commenta il governatore del Veneto Luca Zaia – ma in questo momento non è prudente. La situazione sta degenerando e bisogna rispondere con misure ad hoc“.
Di fronte alle richieste della linea rigorista, la ministra Azzolina ha continuato a difendere strenuamente la sua posizione, sostenendo che “i contagi non sono imputabili alla scuola“. Per la ministra dell’Istruzione, “non è quella la fonte dei focolai” e ha aggiunto che “i nostri ragazzi hanno pagato sin troppo, basta chiedere loro sacrifici“.
Nel corso della riunione, secondo quanto riferisce l’Adnkronos, la ministra dei Trasporti Paola De Micheli avrebbe illustrato un modello organizzativo scollegato dalla dimensione prettamente sanitaria, “perché è impossibile sapere come il virus si diffonde su pullman e bus“. Le sue parole avrebbero provocato l’ira dei 5 Stelle e in particolare del capo delegazione Alfonso Bonafede, animando il dibattito in Consiglio dei Ministri.
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