Chi dimentica questo cavillo burocratico rischia di perdere 4 anni di pensione, lo fa sapere direttamente l’INPS.
Tutti sappiamo che in Italia, secondo la Legge Fornero, è possibile andare in pensione ordinaria di vecchiaia con 67 anni d’età e 20 di contributi. Si tratta di requisiti per molti complicati da raggiungere, ma che comunque rappresentano una certezza. Una volta raggiunti, infatti, si è convinti di poter contare sulla pensione. E invece, triste a dirsi, per molti non è così. Esiste infatti un particolare che in molti trascurano, ma che può far perdere addirittura 4 anni di pensione.
Capita sempre più spesso che lavoratori “uscenti”, arrivati ormai agli ultimi anni della loro carriera, inizino a fare i conti per capire come muoversi per la pensione. Per poi scoprire che devono aspettare ancora 4 anni. Ma perché accade?
Il sistema previdenziale italiano, dobbiamo dirlo, si basa su normative poco chiare ed è pieno di cavilli. Se a questo si aggiunge il fatto che con il susseguirsi dei vari Governi le cose sono di volta in volta cambiate, è comprensibile il perché della confusione che in molti sperimentano quando si parla di pensione.
Ricapitolando la base della normativa riguardo alla pensione di vecchiaia, quindi, sappiamo per certo che si può andare in pensione di vecchiaia con 67 anni anagrafici e avendo versato 20 anni di contributi. Ma c’è una terza clausola che in pochi ricordano.
Coloro che hanno iniziato a lavorare successivamente al 31 dicembre 1995, oltre ai requisiti anagrafici e contributivi, devono anche raggiungere una quota minima per percepire la pensione. Tale quota è maturata in base ai contributi versati negli anni, e ammonta a 1,5 volte l’assegno sociale, cioè almeno 750 euro al mese.
Se non si raggiunge questa soglia, non si può ricevere la pensione fino a 4 anni dopo. Ciò vuol dire che chi dimentica questo cavillo dovrà andare in pensione a 71 anni.
Comunque, c’è una buona notizia. Esiste infatti la possibilità di riscattare in qualche modo i contributi che mancano per raggiungere l’importo minimo richiesto. Ad esempio, è possibile riscattare gli anni del servizio militare, oppure quelli di studio universitario che hanno condotto alla laurea.
Quest’opzione, tuttavia, non è sempre vantaggiosa. Molti lavoratori che non hanno versato contributi prima del 1996, infatti, potrebbero possedere i requisiti per accedere alla pensione anticipata contributiva.
Questa forma previdenziale consente di andare in pensione a 64 anni, con 20 di contributi. Anche qui, tuttavia, si deve raggiungere un importo minimo, stavolta ancora più alto. Si parla di 2,8 volte l’assegno sociale, cioè almeno 1408 euro al mese.
Per un lavoratore, scoprire poco prima della pensione che a causa di un cavillo burocratico dovrà attendere altri 4 anni per andare in pensione, finché non raggiunge i 71 anni, può essere estremamente frustrante. Tutti i piani fatti e l’aspettativa di godersi finalmente una meritata pausa si sgretolano, generando delusione, stress e, comprensibilmente, una sensazione di ingiustizia.
Questi cavilli burocratici, quindi, gettano tanti lavoratori prossimi alla pensione nello sconforto, perché il meritato riposo dal lavoro sembra ormai un miraggio irraggiungibile.
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