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Il tema della privacy sui social network è ormai all’ordine del giorno: ogni ora, o quasi, si possono leggere novità riguardanti politiche, regolamentazioni, restrizioni e non solo. Mark Zuckerberg, abbandonata la sua maglietta grigia sbiadita e le sue ciabatte da studente e indossando un abito di tutto rispetto, ha dovuto rendere conto al Senato americano sulla questione Cambridge Analytica e, nel mentre, cercare di portare sempre più chiarezza sull’uso dei dati dentro e fuori Facebook. Facile scaricare il malloppo a chi sta in alto, ma se la colpa fosse un po’ anche la tua?
No, questa non è una provocazione ma la pura e semplice verità.
Se Facebook sa dove vai in vacanza ogni anno – e di conseguenza ti consiglierà quali sono i migliori hotel e o i migliori ristoranti – è perché hai deciso di informare i tuoi amici geotaggandoti prima di partire, al primo autogrill in autostrada e almeno 4 o 5 volte appena arrivato a destinazione.
Se Facebook conosce dove abiti è solo colpa tua perché, magari anche qualche anno fa, hai deciso di geolocalizzarti mentre bevevi un the seduto sul divano aggiungendo ‘casetta mia’.
Se Facebook ti fa vedere solo ciò che ti interessa, nel bene o nel male, è perché hai il ‘like’ ossessivo compulsivo e nulla ti ferma dall’iterazione continua con tutto e con tutti (anche quando non ti interessa).
Se Facebook conosce tutti i tuoi dati – dal numero di componenti della tua famiglia al tuo reddito passando per il tuo numero di cellulare e a tutti i dati contenuti in quella piccola cassaforte che tu chiami smartphone – è perché hai deciso di fare un test per vedere a quale star assomigli, a chi eri in una vita passata o quale animale potresti essere senza ragionare sullo scambio di dati.
Se Facebook propone ai tuoi contatti il tuo numero di telefono, senza che nessuno te l’abbia mai chiesto è perché non hai mai voluto metterci la testa e capire dove sono questi dati all’interno del social network (e che puoi oscurare in qualsiasi momento).
Se Facebook è a conoscenza del fatto che hai uno o più figli è perché magari hai iniziato a postare foto sui social network già dal primo test di gravidanza.
Certo, leggendo tutto questo si potrebbe subito pensare a un furto di dati da parte del grande Zuck ed è proprio qui che stai sbagliando. Se Facebook sa tutto, ma proprio tutto, di te è solo colpa tua perché ogni volta che clicchi su uno di quei tasti dove accetti senza se e senza ma le condizioni di applicazioni, giochi, test o simili, ecco in quei casi tu stai dicendo ‘Ciao, prendi i miei dati e fai ciò che più ne preferisci’.
Eppure abbiamo imparato tanto nel mondo offline perché non lo facciamo anche per il web? Abbiamo o no imparato che non va sempre bene flaggare su un foglio la casellina che dice ‘Accetto di condividere i miei dati con terze parti e di cederli per iniziative di marketing’? Allora perché non farlo anche su Facebook, su Instagram, su Twitter e in tutto il web?
Facciamo un patto: una partita in meno a CandyCrush e qualche minuto in più per tutelare la nostra privacy?
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