La seconda ondata di Covid-19 in Europa si sarebbe originata in Spagna. Partendo da un focolaio tra i lavoratori agricoli, il virus si sarebbe diffuso rapidamente in estate nel resto d’Europa attraverso coloro che tornavano dalle vacanze.
A dirlo è un’analisi, che sarà pubblicata giovedì e viene riportata dal Financial Times, realizzata da un team internazionale di scienziati che hanno seguito il Coronavirus attraverso tutte le sue mutazioni genetiche.
La variante del Coronavirus che avrebbe provocato la seconda ondata
Gli studiosi hanno identificato una variante del virus, chiama 20A.EU1, che si sarebbe diffusa rapidamente in grande parte del territorio europeo e rappresenterebbe la maggior parte dei nuovi casi della seconda ondata di Coronavirus in diversi Paesi e oltre l’80% nel Regno Unito.
I virus, per loro natura, tendono a sviluppare mutazioni e a cambiare nel corso del tempo, ma sono varianti, almeno per il Covid, che non determinano necessariamente cambiamenti rilevabili nella trasmissibilità o patogenicità del virus.
La variante spagnola avrebbe sei mutazioni
La prima mutazione del Coronavirus, studiata in maniera completa, è quella che distingue il ceppo originario cinese da quello europeo. Arrivata in inverno, è chiamata D614G e si ritiene che renda il virus più contagioso. In uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature alcuni ricercatori hanno dimostrato che questa mutazione aumenterebbe la carica virale nel tratto respiratorio superiore dei pazienti affetti dal virus e ne potrebbe aumentare la trasmissione.
La variante arrivata dalla Spagna, invece, ha ben sei mutazioni genetiche distintive. È emersa, come detto, tra i lavoratori agricoli spagnoli a giugno, per poi sportarsi rapidamente. La ricerca ha rivelato che la nuova variante rappresenta più di otto casi su 10 nel Regno Unito, oltre che l’80% in Spagna e fino al 40% in Svizzera e Francia.
La mutazione potrebbe aver reso inefficenti le misure di prevenzione per la seconda ondata
“Dalla diffusione di 20A.EU1 sembra chiaro che le misure di prevenzione del virus in atto spesso non erano sufficienti per fermare la trasmissione delle varianti introdotte quest’estate” ha detto Emma Hodcroft, responsabile dello studio e genetista evoluzionista dell’Università di Basilea.