Liliana Segre, senatrice sopravvissuta all’Olocausto, presiede oggi la prima seduta della nuova legislatura di Palazzo Madama. La senatrice a vita nominata da Mattarella nel 2018 risulta il membro più anziano dell’assemblea (dopo Giorgio Napolitano, assente tuttavia per motivi di salute).
L’Aula di Palazzo Madama ha accolto questo memoriale vivente di resilienza e coraggio con una standing ovation che ribadisce la gratitudine per l’impegno costante della Segre per diffondere gli orrori e le privazioni perpetrate dal nazi-fascismo e come a questo si debba opporre la condivisione e la collaborazione.
L’evento odierno è carico di significato per Liliana Segre: tra pochi giorni ricorrerà il centenario della marcia su Roma, il corteo violento organizzato dalle squadracce fasciste per bloccare e prendere il controllo dei centri nevralgici nazionali e spingere così il re ad eleggere Mussolini capo del governo; ricorrenza che coincide con il ritorno al potere di una destra dai tratti fortemente conservatrici, se non reazionari, e legata nella sua origine proprio al post-fascista Movimento Sociale Italiano.
Liliana Segre comincia la sua prolusione alla seduta parlamentare confidando un certo senso di vertigine per la sacralità del luogo (“tempio della democrazia”) e del ruolo affidatole in questa giornata e di come questo incarico assuma ancor più valore in coincidenza con la storia di un secolo fa.
Mediante un parallelo che non può non impietosire e far ribollire di rabbia quanti ritengono una vergogna nazionale il regime fascista, la senatrice confessa di non poter credere che alla bambina che nell’ottobre del 1938 venne impedito di sedere sul proprio banco di scuola perché ebrea, possa oggi sedersi su un banco così prestigioso, quello della seconda carica dello stato.
La Segre prosegue ricordando come questa legislatura sia un inedito della storia repubblicana a causa del taglio del numero dei parlamentari, provvedimento che, riducendo il numero dei rappresentanti, carica questi ultimi di ancora maggiori responsabilità verso i rappresentati.
È perciò quantomai necessario dare l’esempio, aggiunge, non solo nel mero senso di compiere con dedizione il proprio dovere legislativo, bensì è la valenza istituzionale, di rappresentanza dello stato e delle necessità dei cittadini il vero scopo dei membri del Parlamento.
La politica che la senatrice a vita si augura di poter vedere è un’attività nobile, votata all’ascolto delle differenze e alla composizione delle diverse richieste provenienti dalla comunità. Non una politica urlata, segnata dallo scontro, dall’inconciliabilità di posizioni portate al parossismo, le quali produco solo disaffezione e astensionismo.
Questa dovrebbe essere l’essenza della democrazia, per come i padri costituenti vollero intenderla dopo i traumi e gli eccidi della II Guerra Mondiale: una competizione vivace tra prospettive di Paese differenti eppure non escludenti, perché se la maggioranza uscita dalle urne ha l’onore e l’onere di guidare le istituzioni nazionali, al contempo le opposizioni hanno il diritto e il dovere di difendere e rappresentare le minoranze.
In fondo, continua Segre, le grandi democrazie dimostrano sempre di condividere, al di là delle giuste e necessarie divergenze ideologiche, un terreno comune di valori e comportamenti che si lega al senso di profondo rispetto che prima di tutto gli eletti della repubblica dovrebbero dimostrare verso le istituzioni della stessa cosa pubblica. Insomma una convergenza sul bene generale dello stato che si sostanzia in primo luogo attraverso il rispetto e l’applicazione piena della Costituzione, la carta che stabilisce le regole della convivenza nazionale e che gli italiani hanno più volte dimostrato di voler difendere da tentativi di modifica.
I duri anni del secondo conflitto mondiale fanno correre la mente della senatrice alla difficile situazione ucraina, dove la guerra di conquista avviata dal presidente russo Putin sta facendo ripiombare l’Europa sotto una pesante cappa di inquietudini e timori, molto simile ai tardi anni ’30 rievocati dalla stessa Segre.
L’appello che questa lancia si rifà direttamente alle parole pronunciate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale chiede una pace rapida eppure ottenuta nella ferma convinzione che il popolo da tutelare e difendere sia quello ucraino.
I temi dell’odio e della capacità di rispetto e comprensione di sconfiggerlo fanno da filo conduttore di tutto l’intervento della presidente ad interim. La stessa Segre è stata a capo di una commissione parlamentare istituita nella scorsa legislatura con il fine di contrastare la diffusione di standard di dialogo prevaricatori e violenti, imbevuti di razzismo ed intolleranza, i quali fanno decadere l’intera società nell’imbarbarimento. L’auspicio della senatrice in tal senso è che questa attenzione possa mantenersi vigile nel tempo e che la classe politica per prima dia l’esempio (riproponendo quanto detto in apertura sulla responsabilità dei rappresentanti sui rappresentati).
Senato e Parlamento in generale dovrebbero responsabilizzarsi anche tornando a ricoprire quel ruolo legislativo che la Costituzione assegna loro. È palese la piega dirigista assunta dall’esecutivo, che fondando spesso il proprio intervento diretto sulla base di emergenze e eventi straordinari, ha progressivamente svuotato di senso le Aule parlamentari.
La soluzione indicata dalla Segre consiste nuovamente nella destrezza delle forze politiche a collaborare, nella naturale distinzione di sensibilità e ideologie, per il bene dell’Italia, vero astro che dovrebbe guidare i decisori. In termini pratici, cooperazione significa la capacità della maggioranza di rammentare gli abusi denunciati quando si era minoranza e, parallelamente, la predisposizione della minoranza a ricordare quali atteggiamenti dell’opposizione erano ritenuti eccessivi quando si era maggioranza.
D’altronde il periodo di straordinaria difficoltà impone una azione convinta, rapida e il più unitaria possibile da parte degli organi istituzionali, Parlamento in primis (affiancato e sostenuto dall’Unione Europea), proprio affinché nessuno sia lasciato solo e tutte le famiglie ed imprese italiane possano uscire indenni dai duri mesi che attendono lo Stivale.
Il compito è sicuramente arduo, conclude Segre, eppure è nuovamente la Costituzione a richiedere questo sforzo, soprattutto a coloro che assumo il ruolo di suoi pubblici rappresentanti ed attuatori. L’articolo 3 della carta difatti non vieta semplicemente ogni forma di discriminazione o abuso, bensì indica una attiva ricerca per rimuovere gli ostacoli (economici, sociali, civili) che si frappongo al raggiungimento di una società equa e giusta.
Questo in quanto, Segre ne è convinta, il raggiungimento di quell’equilibrio democratico che fonda una comunità felice e conviviale si ottiene applicando fino in fondo la carta costituente, non tentando di modificarla ogni poco, con risultati per lo più inesistenti.
Collaborazione, applicazione della Costituzione, rimozione degli ostacoli all’uguaglianza sociale: ecco le parole d’ordine che Liliana Segre ha deciso di proporre all’Aula di Palazzo Madama come indirizzo di cammino, cosicché i cento anni che separano dalla marcia su Roma siano presi come metro per rivendicare le differenze con quel periodo, e non le similitudini.
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