Sono sei le persone a processo per il testamento di Patrizia Reggiani, vedova di Maurizio Gucci, ucciso nel 1995. Altre due, invece, hanno scelto la via del patteggiamento. Si tratterebbe di otto soggetti che avrebbero gravitato attorno alla donna, con l’intento di spillarle il denaro della sua eredità. Reggiani ha scontato 18 anni di carcere come mandante dell’omicidio dell’ex marito.
Sei persone a processo e due che hanno scelto il patteggiamento per il caso relativo al testamento della vedova Gucci, Patrizia Reggiani. Si tratta di persone, professionisti e amici, che l’avrebbero raggirata, isolandola dalle figlie e dai parenti e spillandole parte dei soldi della sua eredità. Tra esse, anche la sua ex compagna di cella a San Vittore, che l’avrebbe convinta a “fare guerra alle figlie“. Gli imputati avrebbero approfittato della fragilità psichica di Reggiani, che soffre di “sindrome post-frontale” a seguito di un tumore.
Questa volta si parla di Patrizia Reggiani non per l’assassinio dell’ex marito Maurizio Gucci del 1995, ma come parte lesa in un processo che vede imputate sei persone, con altre due che hanno invece richiesto il patteggiamento, accusate di averla raggirata per potersi impossessare dei soldi della sua eredità.
Una vicenda che risale agli anni successivi alla sua scarcerazione nel 2014, quando è venuta in possesso dei lasciti. Tra gli accusati, la sua ex compagna di cella e successivamente assistente personale Loredana Canò, 55 anni, che oltre a stabilirsi nella villa della donna, l’avrebbe isolata dal resto dei suoi parenti, figlie incluse, convincendola a mettere in atto verso le due una “guerra” per gestire il vitalizio Gucci, oltre a tentare di mettere le mani sul patrimonio milionario lasciatole dalla madre Silvana Barbieri.
Sotto accusa anche gli avvocati Daniele Pizzi (che si è professato innocente ma ha accettato il patteggiamento a due anni con pena sospesa) e Maurizio Giani, il primo difensore e poi amministratore di sostegno di Reggiani, e il secondo legale della madre. Pizzi, secondo i pm, avrebbe agito “non nell’interesse di Reggiani bensì proprio e dei sodali“.
Implicati nella questione, infatti, anche Maria Angela Stimoli, compagna del padre dell’avvocato, che ha scelto il patteggiamento di 10 mesi, e il testimone di nozze di Pizzi, Marco Riva, entrambi beneficiari di una polizza vita assieme a Canò di 6,6 milioni di Euro. Imputato, infine, anche il consulente finanziario Marco Chiesa, che si occupava della gestione delle proprietà di Reggiani, un impero costituito non solo dalla lussuosissima villa nel centro di Milano, ma anche di 90 appartamenti dietro alla Stazione Centrale.
La vedova di Maurizio Gucci ha passato 18 anni dietro le sbarre, a San Vittore, dopo esser stata condannata come mandante per il suo omicidio. L’assassinio dell’imprenditore fiorentino è avvenuto il 27 marzo del 1995, in via Palestro a Milano, dove Gucci aveva il suo ufficio.
A ucciderlo, Benedetto Ceraulo, con quattro colpi di pistola, che lo raggiungono alla schiena e alla tempia. A rimanere ferito, il portiere dello stabile, Giuseppe Obnorato, colpito dopo aver cercato di intervenire. A quel punto l’assassino si dilegua, a bordo di un’auto guidata da un complice.
Le indagini vengono affidate al commissario Filippo Ninni, che scartata l’ipotesi di un omicidio legato agli affari, si concentra sui rapporti tra l’imprenditore e l’ex moglie Patrizia Reggiani, con cui era stato sposato dal 1973 al 1994 e che aveva espresso più volte rancore nei suoi confronti.
La svolta avviene quando l’ospite di un hotel a una stella di Milano afferma di aver sentito il portiere, Ivano Savioni, affermare di sapere molte cose sull’omicidio ed esserne coinvolto. Quest’ultimo è amico di Pina Auriemma, amica a sua volta proprio di Reggiani.
Tramite intercettazioni telefoniche, si scopre il coinvolgimento sia di Savioni che di Auriemma, nonché quello come mandante della vedova. La donna, che avrebbe pagato 600 milioni di lire per l’assassinio, viene prelevata dalla sua casa nel 1997, oltre a lei, vengono anche arrestati Savioni, l’esecutore materiale dell’omicidio Ceraulo, il suo autista Orazio Cicala e Auriemma.
Nel novembre del 1998, Reggiani e Cicala vengono condannati a 26 anni di prigione, Pina Auriemma a 25 anni per favoreggiamento e Ceraulo alla pena dell’ergastolo. Patrizia ne sconterà poi 18 totali, uscendo nel 2014.
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