La disputa tra Serbia e Kosovo ha radici lontane e, nonostante siano passati molti anni dalla guerra che ha segnato gli anni ’90, i dissapori stanno riemergendo come se non fossero mai scemati.
La questione delle targhe è stata soltanto l’ultima scintilla che ha provocato un malcontento tale da arrivare addirittura a essere discussa a Bruxelles davanti al Parlamento Europeo.
I premier dei due Stati in conflitto si sono incontrati per discutere della situazione delle targhe, ovvero la manovra voluta dal Kosovo che impone agli abitanti con targa ancora serba di immatricolare il proprio veicolo pena 150 € di multa. Questo ha provocato il riaccendersi di un malcontento già galoppante tra le popolazioni. L’ombra della guerra fa paura alle generazioni dai 40 anni in su, che hanno vissuto personalmente la separazione e la conseguente indipendenza acquisita dal Kosovo. Ricordano con dolore quegli attimi nei quali non esistevano amici o familiari ma esisteva soltanto morte e distruzione.
La Serbia inizialmente comprendeva anche il territorio del Kosovo che si trova nel sud del Paese. Fino a qualche anno prima degli anni 90 esisteva già una forte differenza tra le popolazioni che abitavano la vecchia Serbia unita. Nonostante si trattasse di un unico sistema politico e territoriale, la minoranza della popolazione che abitava il sud del paese, oggi Kosovo, aveva una cultura e una religione completamente affine a quella dell’Albania che si discosta nettamente da quella del nord della Serbia.
Fino agli inizi degli anni ’90 la questione, anche se aveva già fatto nascere disordini e qualche dissapore, era stata gestita in maniera pacifica. Dopodiché, in concomitanza con il formarsi di veri e propri gruppi indipendentisti del Sud, si è creata una scissione importante tra i due popoli che hanno cominciato a manifestare atteggiamenti violenti e disordini crescenti.
L’inizio degli anni 90 è stato un momento molto difficile che ha visto un conflitto, dapprima simile a una protesta, trasformarsi piano piano in una vera guerra armata che ha distrutto famiglie e provocato migliaia di vittime. A quel punto Il Kosovo ha cominciato a lottare per la propria indipendenza e per creare un proprio governo che rispecchiasse usanze e cultura che facevano parte della loro vita.
Successivamente la Serbia ha impiegato il proprio esercito per cercare di sterminare la popolazione del Kosovo ed è per questo che è dovuta intervenire, alla metà degli anni ’90, anche la Nato. La missione delle forze Nato è stata quella di cercare di portare pace in un paese devastato da guerriglia e distruzione. Le differenze etniche hanno portato a svilupparsi una reale guerra che ha necessitato di un intervento ancora più massiccio delle forze occidentali che hanno colto la questione rendendo finalmente il Kosovo uno stato indipendente e con un proprio governo.
Questo non è mai andato a genio alla Serbia e al proprio governo che tuttora non riconosce il Kosovo come stato indipendente. Insieme a lei, anche la Russia non considera il Kosovo stato indipendente ma lo ritiene territorio della Serbia. Nell’ultimo periodo che ha visto il conflitto intensificarsi, esperti di politica locale hanno spiegato che l’ombra di Putin sta plasmando nuovamente le sorti di questa escalation di violenza appoggiando la Serbia.
La questione delle targhe emerge dopo le barricate di quest’estate lungo i confini tra Serbia e Kosovo. Si tratta in poche parole del rifiuto di titolari di targhe serbe che, dopo la misura emessa dal governo di Pristina, dovrebbero immatricolare la propria auto con targa serba cambiandola con quella del Kosovo.
I dissapori sono emersi anche tra i premier delle due nazioni che sono stati chiamati a Bruxelles per raggiungere un accordo. Il summit non ha avuto esito positivo ma anzi il ministro Ue per gli affari Esteri Borrell ha affermato: “I presidenti Vucic e Kurti hanno un’importante responsabilità per il fallimento dei colloqui e per qualsiasi escalation e violenza che potrebbe verificarsi sul campo nei prossimi giorni”.
Anche la Francia sta facendo pressioni sulla Serbia e soprattutto sul Kosovo chiedendo di rivedere le proprie posizioni e cercare di evitare escalation unilaterali che porterebbe ad una situazione già vista che darebbe come risultato una crisi maggiore.
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