A dirlo è la professoressa Cristina Cattaneo, l’anatomopatologa del Labanof di Milano che è stata interpellata dai giudici della Corte di Assise d’Appello di Roma nell’ambito del processo per la morte della 18enne di Arce.
Serena Mollicone scomparve da casa il 1° giugno del 2001 e venne ritrovata senza vita appena due giorni dopo nel bosco di Anitrella. Nel processo di primo grado, gli imputati sono stati tutti assolti.
Un’agonia durata da una a 10 ore quella che portò alla morte di Serena Mollicone, la studentessa 18enne di Arce, morta nel giugno del 2001. Ad affermarlo è stata, questa mattina, la consulente della Procura, Cristina Cattaneo, che è stata ascoltata nell’ambito del processo di appello al cospetto dei giudici della corte d’Assise d’Appello di Roma. Secondo la Cattaneo, Serena Mollicone poteva essere salvata. La 18enne sarebbe deceduta tra le 13:30 e le 20 del 1° giugno. Ha avuto un trauma cranico ed è deceduta lentamente per asfissia. Per la consulente, il cranio della Mollicone è “compatibile con il buco trovato nella porta della caserma dei carabinieri
di Arce. L’impatto è avvenuto con lo zigomo.”
È il primo giugno del 2001 quando Serena Mollicone, 18enne di Arce, esce di casa, per recarsi prima dal dentista e poi a scuola.
Alla visita medica la ragazza si presenza come da appuntamento, ma a scuola quella mattina Serena non arriverà mai.
Poco dopo le 13, il padre, Guglielmo Mollicone, ne denuncia la scomparsa. Partono così le ricerche, che si concludono poco più di 48 ore con il ritrovamento del corpo senza vita di Serena nel bosco di Anitrella, nel comune di Monte San Biagio.
La 18enne ha piedi e mani legate, sulla testa una ferita ben visibile e il capo è coperto da un sacchetto di plastica.
Le indagini accertano che la mattina della scomparsa Serena Mollicone si era recata alla caserma di Arce, da cui non sarebbe più uscita sulle sue gambe.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Serena viene sbattuta con violenza contro la porta della caserma, come confermano i residui di materiale trovati nei suoi capelli.
A farlo è il figlio dell’allora comandante dei carabinieri, Marco Mottola.
Il padre e la madre del giovane lo avrebbero poi aiutato a occultare il corpo della 18enne, che non sarebbe morta subito.
Serena infatti fu tramortita da quel colpo violento, ma a ucciderla fu la mancanza di ossigeno, visto che le fu applicato lo scotch sulla bocca e sul naso.
Un’agonia durata almeno 5/6 ore.
Nel processo di primo grado, gli imputati sono stati tutti assolti.
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