L’attenzione tra Serbia e Kosovo sta degenerando e gli ultimi giorni sono stati protagonisti dei cambiamenti importanti che hanno fatto si, da un lato, che la Serbia allertasse l’esercito e inviasse un numero considerevole di truppe al confine con il Kosovo e, dall’altro, vediamo Pristina che ha paura di un ritorno al passato e chiede prontamente aiuto all’Unione Europea.
I recenti dissapori nati tra Serbia e Kosovo rievocano qualcosa di già noto e conosciuto nel territorio, in quanto il governo serbo non ha mai realmente accettato, seppur obbligato a farlo, la scelta di dare indipendenza al Kosovo e questo è sempre stato qualcosa che ha segnato ogni comportamento di Vucic. Le due nazioni sono in contrasto fin dai tempi della guerra che decreto l’indipendenza kosovara, ma in realtà il problema nasce da molto prima in quanto all’interno dello stesso stato, ovvero la ex grande Serbia, era compreso, per l’appunto, il popolo kosovaro che era obiettivamente, ed è tutt’oggi, differente dai serbi del Nord per cultura e religione.
A nord troviamo la popolazione a prevalenza serba, che non vede di buon occhio, ma soprattutto il governo serbo, la minoranza del sud in prevalenza albanese e di religione musulmana. Questa differenza ha generato giochi di potere, soprattutto in Serbia, che hanno sempre puntato a eliminare e portare all’adeguamento un popolo che si sentiva diverso da quello del nord, ma che se non fosse stato sempre oggetto di discriminazione, forse non avrebbe neanche scelto di rendersi indipendente.
Ora siamo vicini a un reale nuovo scontro e le autorità internazionali sono preoccupate per la possibile escalation, che si potrebbe verificare a causa del conflitto serbo-kosovaro in atto e la paura principale è che si riaccenda una guerra vera e propria, con tanto di alleati già schierato. La Serbia gode dell’appoggio della Russia che spinge, o almeno così sembra, l’esercito serbo a compiere le azioni che hanno in mente. La guerra ingigantirebbe soltanto la crisi economica e sociale in atto, causata dal conflitto in Ucraina.
I dissapori tra Serbia e Kosovo crescono, ecco cosa sta succedendo
Quello che sta accadendo tra Serbia e Kosovo è una riacutizzazione di vecchi dissapori, che nascono da vecchie faide legate alla minoranza etnica albanese e musulmana, che ha sempre caratterizzato la parte a sud della popolazione e che prima faceva parte di un’unica nazione ovvero la grande Serbia. Nel corso degli anni la differenza sostanziale tra etnie differenti è diventata motivo di discordia, anche perché fortemente mantenuta in essere e alimentata dallo stesso governo di Belgrado. Quando poi si è verificata negli anni 90 la guerra che ha decretato per mano anche delle forze occidentali intervenute per sedare il conflitto armato, l’indipendenza Del Kosovo la situazione sembrava migliorata.
Da quel momento, apparentemente, la situazione sembrava essere volta almeno ad un appianarsi dei contrasti negli ultimi anni, ma la realtà ha mostrato invece un conflitto interno ben radicato e nel profondo della popolazione che, oltretutto sembra aver ripreso piede nel momento in cui dopo tensioni recenti territoriali al confine tra le due nazioni si sono riaccesi i contrasti. La presa di posizione che ha portato il governo di Pristina a chiedere di cambiare in targhe kosovare le auto che ancora circolavano nel nord del paese con targa serba. Una richiesta ufficiale che prevedeva anche una multa, nel caso nel caso in cui non fosse stato rispettato il cambio richiesto dal governo kosovaro. Questo ha alimentato le già presenti diatribe al confine nord dove, soprattutto nella parte nord della città di Mitrovica, abbiamo una grandissima maggioranza serba che controlla la zona a nord del fiume, nonostante sia ufficialmente so tutto là giurisdizione di Pristina. Belgrado controlla le istituzioni scolastiche ma anche ospedali e funzionari comunali.
Dopo le manifestazioni accese dhe la minoranza serba ha attuato al nord di Mitrovica, le forze militari kosovare sono state mandate dalle autorità kosovare al confine. Questo ha provocato ulteriori scontri che si sono poi andate via via alimentando fino all’arresto di un ex poliziotto serbo e questa azione ha portato alla attuale tensione. Nonostante Pristina affermi che la Serbia era già pronta ad utilizzare qualsiasi espediente per riacutizzare i vecchi dissapori. Vucic e prima di lui i suoi predecessori hanno accettato che Il Kosovo avesse un’indipendenza soltanto perché è obbligati dalle Nazioni occidentali intervenute e alcuni stati, come ad esempio la Russia, non riconoscono l’indipendenza kosovara e il governo di Pristina. Vucic non tollera le minoranze e ritiene che siano un problema per la Nazione.
Gli ultimi giorni hanno visto i serbi nella parte nord del Kosovo creare barricate per impedire il valico al confine e per questo le forze militari kosovare nella zona sono state nettamente incrementate, ma allo stesso tempo anche Belgrado ha allertato l’esercito e lo ha messo in stato di massima allerta e pronto al combattimento.
Pristina chiede aiuto all’Unione Europea ma Belgrado ha il sostegno di Mosca
La situazione tra Serbia e Kosovo è sotto l’attenta lente d’ingrandimento delle autorità internazionali, in quanto un nuovo scontro nei Balcani potrebbe destabilizzare ulteriormente l’economia e, oltre al lato economico commerciale, anche un equilibrio raggiunto dopo un conflitto che nel corso degli anni ha portato morte e sofferenza.
Il presidente serbo Vucic ha affermato che i suoi concittadini stanno sciogliendo le barricate erette in Kosovo, cercando di allentare le le tensioni esplose fra i due paesi. La crisi, innescata dall’arresto di un poliziotto serbo, aveva suscitato un sentimento apprensione e preoccupazione nella comunità internazionale e condotto la regione sull’orlo di una nuova crisi militare. Vucic è arrivato pochi giorni fa ad preparare l’esercito ad un intervento nella regione, spingendo però l’amministrazione kosovara ad una contro mossa. Pristina ha quindi deciso di chiedere ora l’intervento della Ue.
Il Kosovo, oggi abitato in maggioranza da albanesi, ha raggiunto l’indipendenza dalla Serbia nel 2008, ma il suo status non è mai stato riconosciuto da Belgrado. Ma il malcontento degli anni ’90 sembra non essersi mai assopito e oggi assistiamo alla più pericolosa escalation avvenuta dopo la storica guerra tra Serbia e Kosovo. Pristina ha ritenuto necessario chiedere ufficialmente l’intervento dell’Unione Europea, data la situazione attuale e la possibilità concreta che si sviluppi una nuova guerra.
Il Ministero degli Esteri kosovaro ha inviato ieri una lettera ai membri dell’Ue, per chiedere misure contro la Serbia e ha inoltre chiesto collaborazione a Bruxelles per una risoluzione pacifica delle tensioni che preoccupano molto nel nord del Paese. Il documento chiede alle autorità internazionali di portare la Serbia a un dialogo costruttivo. Spiega nella lettera mandata all’Ue gli ultimi incidenti che si sono verificati al confine.
Ha spiegato ai membri Ue che: “Nel migliore dei casi, la Serbia sta tentando deliberatamente di destabilizzare il Kosovo per evitare che avanzi il dialogo, specialmente nel contesto del nuovo piano proposto dall’Ue (appoggiato da Francia e Germania) per normalizzare le relazioni”.
L’appello del Kosovo all’Unione Europea è arrivato insieme alla presa di posizione di Mosca in favore della Serbia. Il Cremlino ha dichiarato di sostenere Belgrado.
Mosca ha specificato che è al fianco dei serbi e di Vucic “nei suoi passi sul Kosovo” ha respinto poi le “assolutamente errate voci su una influenza distruttiva della Russia sulle autorità serbe”.
È stato anche specificato, come sopra citato, l’ordine cronologico degli eventi che ha portati le amministrazioni kosovare a chiedere aiuto. La vice ministra degli esteri kosovara Donika Gervalla-Schwarz ha scritto sui social: “Condanniamo energicamente le aggressioni ai giornalisti da parte di estremisti nel nord del Kosovo. Nelle ultime tre settimane i giornalisti sono stati attaccati ripetutamente da gruppi criminali che tentano di destabilizzare il Kosovo. La comunità internazionale deve intervenire con urgenza su Belgrado e proteggere i media liberi. Questa storia deve finire. Ora”.