Vittorio Sgarbi è stato espulso dalla Camera per l’ennesima volta.
In occasione delle commemorazioni per Jole Santelli, la Presidente della Regione Calabria recentemente scomparsa, è intervenuto con un discorso di elogio. Per meglio parlare, a suo dire, ha sollevato la mascherina lasciando libera la bocca. Prontamente è stato ripreso dal presidente Fico, che l’ha pregato di indossarla correttamente.
Il deputato, in un primo momento, ha spiegato di avere un certificato medico, di non riuscire a respirare, ma Fico non ha sentito ragioni. Ne è derivata un’accesa discussione: Sgarbi non ha risparmiato insulti e urla nel suo stile, dandogli tra l’altro del fascista.
Dopo l’invito del presidente a mantenere un’atmosfera adeguata al momento, visto che in Aula si iniziava a vociare, Sgarbi ha terminato il suo intervento.
Ma a scatenare definitivamente la sua ira, che lo ha portato all’espulsione, è stato il richiamo, l’ennesimo, a indossare bene la mascherina fattogli dalla vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni.
Il critico stava tenendo un intervento particolarmente acceso mentre si discuteva della legge contro l’omofobia. Vista la tensione, dato l’argomento delicato e molto dibattuto, i continui inviti hanno innervosito il critico d’arte, portando la Spadoni a decidere di espellerlo.
Sgarbi si è subito rifiutato di lasciare l’aula e i deputati della Lega sono scesi per difenderlo. A quel punto, si è reso necessario l’intervento dei commessi.
A specificare come è stato portato fuori dalla Camera è lui stesso con un post su Facebook: “Sono stato nuovamente espulso dall’aula di Montecitorio. Mi hanno ancora portato via di peso. Sia chiaro: lo faccio per tenere allenati i commessi…“
Se il primo post in merito alla vicenda suona come ironico, nel successivo invece non risparmia parole durissime al presidente e alla vice presidente della Camera:
“Fico è un fascista. E con lui anche il vice presidente della Camera Maria Edera Spadoni (non è un caso che siano dei 5 Stelle) che mi ha espulso dall’aula. Sono fascisti perché non tollerano il dissenso. Togliere la parola, impedirti di parlare e cacciarti via dall’aula è una inaccettabile forma di violenza alla quale non mi piegherò mai. Se ciò, come è ancora accaduto, avviene in Parlamento, quello che dovrebbe essere per definizione il luogo simbolo della libertà di pensiero e di parola, è la fine della democrazia.
Sappiano, allora, che tornerò a dire ciò che penso. Con la stesa foga, con la stessa veemenza, con tutte le mie forze. Potranno buttare fuori, di peso, il mio corpo, ma le mie parole, i miei pensieri resteranno. E soprattutto resisteranno. Oltre le grigie e inutili vite di personaggi mediocri e inutili come Fico e la Spadoni“
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