I giudici della Corte di appello di Torino, lo scorso 2 novembre, hanno condannato l’Inail, confermando così la decisione presa dal tribunale di Aosta, secondo cui l’ente è costretto a pagare un operaio di 63 anni per invalidità professionale, a causa dell’uso prolungato del cellulare per motivi di lavoro.
Secondo gli avvocati del lavoratore la sentenza è il risultato finale di un confronto tra scienziati e non una sentenza di giuristi in sostituzione alla scienza.
L’operaio, classe 1959, attualmente in pensione, è stato dipendente di una fabbrica di acciaio in Valle D’Aosta; ha fatto carriera nell’azienda, da operaio specializzato a responsabile di reparto.
Per 13 anni, dal 1995 al 2008, il signore di cui si conoscono solo le sue iniziali, M.N, per motivi di lavoro passava molte ore al cellulare. Secondo i suoi avvocati ha usufruito del telefonino per più di 10 mila ore, quasi tre ore al giorno.
Per anni appoggiava il dispositivo elettronico al lato sinistro, perché in quello destro a causa di un incidente sul posto di lavoro aveva perso l’udito. Nel 2009 la diagnosi di un neurinoma del nervo acustico, un tumore benigno intracranico, proprio all’orecchio sinistro.
L’operaio 63 enne a quel punto ha perso completamente l’udito. Per tali motivi ha fatto causa all’ente nazionale contro gli infortuni sul lavoro e proprio pochi giorni fa la Corte di appello di Torino gli ha riconosciuto l’invalidità da malattia professionale.
I legali Renato Ambrosio e Stefano Bertone, avvocati dell’ex operaio, hanno raccolto materiale a sufficienza per condannare l’Inail. Le testimonianze raccontano che il dipendente dell’acciaieria passava circa tre ore al giorno con il cellulare per motivi di lavoro, più altri 60 minuti fuori dall’ufficio per la reperibilità.
Fino al 2005 ha utilizzato telefonini con tecnologia Etacs, dispositivi mobili di prima generazione con radiofrequenze molto alte rispetto ai cellulari di seconda generazione entrati in uso dopo il 2005.
“È una sentenza frutto di un confronto tra scienziati”
Queste le dichiarazioni degli avvocati di un noto studio legale del capoluogo piemontese che hanno assistito l’operaio in pensione.
La Corte di appello di Torino, prima della sentenza finale, ha richiesto il parere di Roberto Albera, medico specializzato in otorinolaringoiatria, audiologia e foniatria, oltre a essere docente dell’università di Torino.
Lo specialista ha pubblicato più di 400 ricerche, molte delle quali come oggetto lo stesso tumore che ha colpito il dipendente 63enne.
“è “elevata la probabilità che l’uso del cellulare abbia causato il tumore.”
Queste le dichiarazioni rilasciate dal Professor Albera che sono tornate utili ai giudici della Corte di appello di Torino per riconoscere al pensionato una rendita maggiore di quella pattuita in primo grado.
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