Si dice ‘la presidente’ o ‘la presidentessa’? Negli ultimi tempi la questione se cambiare o meno i nomi al femminile sembra interessare un po’ tutti, dai linguisti ai politici, dai giornalisti ai semplici appassionati. Ma, si chiedono alcuni, questo cambiamento è proprio necessario? La querelle sembra aver assunto sfumature femministe – sebbene le professioniste che prediligono la ‘versione’ maschile siano ancora parecchie – o, se vogliamo usare un termine più appropriato, di ‘sessismo linguistico’, visto che in molti (anzi, molte) lamentano il fatto che per alcune professioni (ministro, sindaco, assessore, presidente) vige ancora la regola di utilizzare i nomi al maschile.
Prima di affrontare la questione – si dice ‘la presidente’ o ‘la presidentessa’? – è d’obbligo fare una precisazione che riguarda, un po’ più da vicino, le regole della lingua italiana. Fin dalle scuole elementari, infatti, ci è stato insegnato che la regola principale per ottenere il femminile dei nomi è cambiare la desinenza maschile -o in quella femminile -a. Entrando più nello specifico, abbiamo imparato anche che: i nomi di alcune professioni sono di genere invariabile – è il caso, ad esempio, di ‘sindaco‘, ‘medico‘, ‘avvocato‘, ‘ingegnere‘, ‘assessore‘ e così via – e in base a questa regola, vanno bene sia per l’uno che per l’altro sesso; che ci sono termini al femminile (in quanto finiscono per -a) che indicano una professione maschile ma non possono essere declinati come tali, ovvero finendo in -o – ‘la guardia‘, ‘la sentinella‘, ‘la persona‘; e che vi sono nomi irregolari che finiscono con la -a ma possono essere sia maschili che femminili – musicista, dentista, giornalista e via di seguito; in questi casi è l’articolo determinativo che specifica il genere (il musicista/la musicista).
Nel caso del nostro quesito – si dice ‘la presidente’ o ‘la presidentessa’? – la regola generale riguarda i termini maschili che al femminile richiedono il suffisso -essa: dottore/dottoressa, vigile/vigilessa, presidente/presidentessa; anche se in quest’ultimo caso siamo di fronte al participio presente del verbo presiedere che, in quanto tale, dovrebbe essere indeclinabile.
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Fermo restando che, con buona pace dei sostenitori, alcuni termini come ‘ministra‘, ‘assessora‘, ‘sindaca‘ o ‘ingegnera‘ sono un po’ difficili da digerire, l’ambito dei nomi legati alle professioni sembra essere in continuo cambiamento, perché la lingua è, di per sé, costantemente in fieri, condizionata da fattori extra-linguistici come l’uso delle nuove tecnologie, i cambiamenti sociali, e così via. Nel nostro caso, entrambe le forme sono corrette: la prima perché ‘presidente’ rientra tra quei nomi ‘linguisticamente ambigenere, si legge sul sito dell’Accademia della Crusca, ovvero quei ‘nomi di professione uscenti in -ente che derivano dal participio presente dei verbi e variano il loro genere grazie all’articolo che li precede’; la seconda perché risponde alla regola grammaticale italiana che vuole il femminile di alcuni nomi aggiungendo il suffisso -essa al termine maschile.
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