Emergono nuovi elementi che chiarificano il quadro intorno ai documenti riservati che l’ex presidente Donald Trump avrebbe sottratto dalla Casa Bianca per portarli nella sua residenza in Florida.
La vicenda ha origine a febbraio e culmina con la perquisizione dell’F.B.I. nella casa di Trump della notte tra l’8 ed il 9 agosto.
Ieri, 30 agosto, è stato pubblicato dal Dipartimento di Giustizia statunitense un documento che fornisce le ragioni che hanno condotto lo stesso ministero U.S.A. ad indagare sull’ex presidente.
L’atto esplica per la prima volta in modo assai più esaustivo la catena di eventi che hanno prodotto le accuse di sottrazione di materiale riservato, ostruzione alle indagini e spionaggio pendenti ora sul magnate newyorkese.
Il testo emesso dal Dipartimento, oltre a fare maggior luce su quanto verificatosi, risponde anche alla causa legale che Trump ha intentato contro lo stesso ufficio di Giustizia.
A fondamento della perquisizione della villa Mar-a-Lago vi sarebbero numerose prove che attesterebbero una reiterata azione di disturbo alle indagini condotta dai legali di Trump. Questi ultimi avrebbero nascosto, non consegnandoli dunque alle autorità, alcuni documenti ed atti emessi nel corso dell’amministrazione dell’ex presidente repubblicano, naturalmente negando fossero stati sottratti dal proprio assistito.
Difatti quella agostana non è stata l’unica visita della polizia federale nell’abitazione in Florida di Trump: il 3 giugno alcuni agenti si erano recati nella villa per riappropriarsi di 38 documenti classificati, tutti quelli sottratti da The Donald, stando ai suoi avvocati.
Ulteriori accertamenti hanno poi mostrato come il numero di atti e verbali nascosti fosse assai superiore dal dichiarato: da ciò la perquisizione dell’8 agosto, da cui si sono rinvenuti più di altri 100 testi provenienti dalla documentazione presidenziale.
All’origine di tutto vi è una richiesta di febbraio del National Archives and Records Administration (NARA), l’agenzia federale che si occupa di conservare e proteggere tutti i documenti prodotti dall’amministrazione di Washington, rivolta proprio al Dipartimento di Giustizia al fine di indagare sulla assenza di alcuni documenti del periodo di presidenza Trump che probabilmente erano stati prelevati dallo stesso ex presidente al momento di lasciare la Casa Bianca.
A maggio si erano così svolti i primi incontri tra F.B.I. e legali di Trump che avevano portato alla suddetta prima perquisizione del 3 giugno.
Il proseguo delle indagini ha dato modo al Dipartimento di Giustizia di confutare la tesi della difesa trumpiana, secondo la quale tutto ciò che era in possesso del magnate e proveniva dalla Casa Bianca era stato dato indietro a giugno.
Le numerose prove di segno opposto palesatesi hanno prodotto la perquisizione delle scorse settimane dalla quale è emersa l’effettiva presenza di documenti governativi e “top secret” nella villa della Florida.
Da ciò appunto le accuse pendenti ora sul magnate del mattone: occultamento di documenti riservati, ostruzione alla giustizia e spionaggio.
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