La donna in questione, Aurora M., ha chiesto al padre di farsi licenziare dall’azienda di famiglia proprio quando ha ottenuto la separazione dal marito.
La Cassazione ha affermato che tale tempistica risulta essere decisamente sospetta. Ed è proprio per questo motivo che ha scelto di respingere la richiesta di vitalizio della donna verso l’ex marito.
Non si è fatta ingannare la Cassazione nel momento in cui si è accorta del licenziamento della donna che è avvenuto proprio “in concomitanza con la separazione” dall’ex marito. Ed è per questo motivo che la Corte suprema non ha accettato la richiesta di Aurora M. nel momento in cui ha chiesto di ricevere un assegno di mantenimento dall’ex coniuge.
In base a ciò che la Cassazione è riuscito a ricostruire in un secondo momento, sembra che la donna abbia fatto di tutto per farsi licenziare dall’azienda del padre, azienda di cui lei non solo era dipendente ma era anche socia. Il suo scopo era quello che, quando si trovava di fronte al giudice, potesse sostenere di avere tutti i requisiti per ricevere “l’assegno a carico del consorte” dopo aver vissuto insieme all’ex marito una vita coniugale molto breve e priva di figli e “non connotata da alcuna particolare contribuzione al menage familiare”.
Analizzando la situazione, gli Ermellini non hanno fatto altro che confermare che, in istituzioni analoghe, aver perso il lavoro non significa trovarsi di fronte alla difficoltà di mercato ma semplicemente si tratta di una scelta personale. Ed è per questo motivo che l’ex moglie non ha nessun diritto di chiedere un vitalizio nel momento in cui si trova a vivere un periodo di crisi coniugale.
Inoltre la Cassazione ha confermato anche ciò che è stato stabilito dalla Corte di Appello di Lecce nel 2021. Si sta facendo riferimento al fatto che Aurora M. non ha dato nessuna prova di un suo “contributo alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune”, anche perché non “si è occupata della cura della casa avendo a disposizione personale di servizio”.
Continuando ad analizzare la situazione, nel momento in cui il marito è stato promosso e trasferito a Messina per lavoro, la donna ha deciso di restare a casa scegliendo così di non seguirlo anche se ha sempre affermato che il marito è riuscito ad ottenere la promozione grazie al suo sostegno morale. La donna quindi ha deciso di fare ricorso in Cassazione affermando che è suo diritto ottenere l’assegno di mantenimento proprio perché è merito suo il successo professionale raggiunto dal marito avvalendosi del fatto che “dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”, e aggiungendo che una donna che ormai ha raggiunto i 50 anni ha meno possibilità di riuscire a rifarsi una vita con un altro uomo.
Ognuno di questi argomenti sono stati analizzati dalla Suprema Corte e sono stati definiti come “generici e giuridicamente irrilevanti” poiché si fa riferimento a “dissertazioni focalizzate sui luoghi comuni e stereotipi”.
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