Quest’oggi, giovedì 13 ottobre, prende ufficialmente il via la XIX legislatura della Repubblica e il primo impegno per il nuovo Parlamento riguarda l’elezione dei presidenti di Camera e Senato.
La votazione, che dovrebbe concludersi al limite entro domani, permetterà di definire la seconda e terza carica dello stato attraverso delle procedure che differiscono nella modalità di voto tra i due rami del Parlamento.
L’elezione alla Camera
La Camera dei Deputati è la prima a riunirsi, alle ore dieci, nell’Aula di Montecitorio, quest’anno illusoriamente ingranditasi per effetto del taglio del numero dei parlamentari (da 630 a 400 deputati totali).
A presiedere la seduta iniziale, ruolo che sarà poi ricoperto dal neo-eletto dalla medesima seduta, è Ettore Rosato (Azione/Italia Viva) in quanto vicepresidente più anziano tra quelli rieletti dalla scorsa legislatura.
I primi tre turni di voto richiedono la maggioranza dei due terzi: nella prima votazione è necessaria la maggioranza qualificata dei componenti (267 preferenze), nella seconda e terza è sufficiente quella dei votanti (entrano dunque nel conteggio per il quorum anche le schede bianche). Dal quarto scrutinio in poi la semplice maggioranza assoluta.
Quest’oggi sono previste tre tornate di voto e, data la difficoltà della maggioranza ad accordarsi su un candidato condiviso, è probabile che la soluzione emergerà domani. Difatti il centrodestra occupa 237 seggi, di conseguenza per eleggere un proprio esponente a presidente della Camera sarebbe necessario un accordo con l’opposizione, cosa altamente improbabile, per raggiungere i necessari 267 voti. Motivo per cui, pare, le prime votazioni daranno come risultato la vittoria della scheda bianca.
L’elezione al Senato
Per quanto riguarda Palazzo Madama, qui i senatori si sono riuniti alle 10.30 sotto la presidenza temporanea della senatrice a vita Liliana Segre, la più anziana dell’Aula dopo Giorgio Napolitano, indisponibile per avverse condizioni di salute.
In questo secondo ramo le speranze della destra di riuscire a eleggere in giornata il proprio candidato sono assai più probabili, sia per la forza parlamentare espressa dalla coalizione di Giorgia Meloni sia per le diverse regole di svolgimento del voto.
Difatti nei primi due turni è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti, compresi i senatori a vita (104 voti), mentre dalla terza sessione la maggioranza assoluta diviene dei votanti, ossia schede bianche comprese.
Nel caso il nome del successore di Maria Elisabetta Alberti Casellati non dovesse evincersi neanche dopo tre turni di votazione, a quel punto la quarta sarebbe l’ultima chiama poiché la preferenza si dovrebbe esprimere tra i primi due più votati nel terzo scrutinio, quello immediatamente precedente, in una sorta dunque di ballottaggio.
Il centrodestra ha ottenuto nelle urne 115 seggi a Palazzo Madama, quantità ampiamente sufficiente in teoria ad eleggere già dal primo turno il nuovo presidente del Senato, tuttavia frizioni e indecisioni sembrano prefigurare un percorso che potrebbe rivelarsi più accidentato. Il designato numero uno pare essere Ignazio La Russa.