La chirurgia mininvasiva colorettale in Italia non è standard su tutto il territorio nazionale. Per questo le due maggiori società scientifiche chirurgiche italiane, Acoi (Associazione chirurghi ospedalieri italiani) e Sic (Società italiana di chirurgia), hanno presentato al ministero della Salute un documento di consenso in occasione degli ‘Stati generali della chirurgia italiana’, al fine di promuovere le tecniche mininvasive di chirurgia laparoscopica nel segmento colorettale, per far sì che questa tecnica possa rapidamente estendersi all’interno degli ospedali italiani. Quali sono gli ostacoli alla diffusione di questa procedura? Le problematiche sono legate a retaggi culturali, scarsa richiesta da parte dei pazienti e difficoltà nell’acquisizione della tecnica stessa da parte dei chirurghi”.
“La chirurgia mininvasiva colorettale in Italia non è standard su tutto il territorio nazionale, e questo pone un problema serio dal punto di vista del diritto dell’accesso alle cure del paziente – spiega Pierluigi Marini, presidente Acoi – Noi chirurghi italiani siamo stati pionieri in questa tecnica, l’abbiamo insegnata in giro per il mondo ma, oggi, siamo rimasti indietro. La media italiana del ricorso alla laparoscopia per interventi al colon è di circa il 30%, e del 40% per il retto. Nel Regno Unito, che solo 10 anni fa era dietro all’Italia come percentuale, grazie ad un progetto di formazione su tutto il territorio, sostenuto anche dalle istituzioni, sono arrivati a superare il 60% di procedure mininvasive nella chirurgia colorettale”.
Un obiettivo perseguito anche da Acoi e Sic in collaborazione con il Centro di ricerca e studio della sanità pubblica (Cesp) dell’Università degli Studi di Milano Bicocca e con il contributo incondizionato di Medtronic. E infatti è stato lanciato nel 2016 il progetto ‘Op2imise’, con l’obiettivo di “sviluppare e applicare una metodologia standardizzata a livello nazionale di formazione per ottimizzare la qualità ed efficienza della chirurgia laparoscopica colorettale”.
Ma quali sono i vantaggi della chirurgia laparoscopica? “Ormai l’evidenza scientifica dimostra gli indubbi vantaggi della chirurgia mininvasiva nell’outcome del paziente affetto da malattie oncologiche colorettali – osserva Marini – Questo significa un migliore e più rapido superamento della fase post-operatoria con un minor impatto economico sulle spese sanitarie, minor dolore dopo la dimissione, un più rapido reinserimento nella vita lavorativa per il paziente”.
“La chirurgia laparoscopica mininvasiva ha dimostrato di essere efficace in termini di qualità e per il sistema economico sanitario – ribadisce Riccardo Polzoni, Business Unit Director per Italia della divisione Surgical Innovation Medtronic – questo progetto rappresenta un’esperienza unica di partnership virtuosa e trasparente tra industria, società scientifiche e istituzioni, da circa un anno a questa parte ha messo insieme le migliori menti delle due società scientifiche di riferimento in Italia per la chirurgia, e questo board per la prima volta attorno a un tavolo ha definito delle linee guida che ci auguriamo che a partire da oggi vengano adottate nella formazione chirurgica a questo approccio”, conclude.
“Il nuovo protocollo intende lanciare un programma formativo su tutto il territorio nazionale che porti gli skill dei chirurghi a migliorare le percentuali di questa tecnica – prosegue Marini – In questi 10 anni abbiamo assistito a una esplosione di tecnologia ed innovazione dedicata alla chirurgia mininvasiva. Dobbiamo farla nostra e incrementare gli interventi chirurgici mininvasivi – sottolinea – Il nostro intento è quello di standardizzare un progetto formativo su tutto il territorio nazionale, che abbia come finalità la standardizzazione delle cure mininvasive colorettali, così da garantire un equo accesso alle cure a tutti i pazienti, da Nord a Sud”.
“Abbiamo deciso di mettere insieme un gruppo di esperti per definire come si devono formare i chirurghi meno preparati, più giovani, per far sì che questa tecnica possa rapidamente migliorare – precisa Marco Montorsi, presidente Sic – Abbiamo deciso di selezionare una serie di criteri di ingresso: specialisti che abbiano già competenza in chirurgia colorettale, che abbiano un adeguato volume di prestazioni, che lavorino in ospedali nei quali si possa continuare a produrre chirurgia a questi livelli in numeri adeguati. ‘Op2imise’ attraverso dei corsi di formazione e tutoraggi in sede fornirà loro gli strumenti per migliorare progressivamente e diventare sempre più competenti”.
In collaborazione con AdnKronos
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