Signor Riina, ci dica. Non le si chiede di pentirsi o collaborare, ma di esprimere dei concetti che ci facciano capire o che ci chiariscano gli aspetti che condussero alla “stagione delle stragi mafiose” o presunte tali. Ci manifesti i suoi pensieri, le sue conclusioni: venticinque anni è un tempo maturo, anche per lei. Non tema il giudizio della gente, perché la malvagità è già emersa e non abbiamo bisogno di evidenziarla oltre, ma i familiari, le persone vicine alle vittime, noi tutti, abbiamo bisogno di quel pensiero, per quanto distorto, malato e criminale. Solo lei ci potrà spiegare il perché di quelle stragi, al di là di ogni conclusione, delle tante dichiarazioni vere o presunte, reali o fantasiose, e delle verità giuridiche che su esse si fondano.
Lo faccia per la Storia che verrà tramandata, per lei stesso, poiché non siamo eterni, per la sua famiglia e per sua moglie.
Lo faccia per un senso di lealtà verso uno Stato che la tiene “in vita”, scegliendo la sua cattura e non la sua eliminazione – che pure avrebbe forse fatto comodo a più di qualcuno – per le cure che le stiamo riservando, garantendole un’esistenza dignitosa, seppur restrittiva nel rispetto delle regole, con tanto di visite consentite, e che per certi versi già rappresentano, nel suo caso, una premialità, senza ulteriori offerte di sconti o trattamenti di favore che comunque non merita.
Si consulti con i suoi legali o con chi ritiene e, nella maniera che più riterrà opportuna, ci faccia sapere. Non ci lasci nella leggenda, ci conduca nella realtà. Ci aspettiamo suoi segnali.
Non possono non averla colpita le immagini dei funerali dei miei tanti colleghi. In uno di questi qualcuno tentò di colpire materialmente un presidente che presenziava – magari con in tasca ancora la busta da cento milioni di lire mensili passata sottobanco dai Servizi, mentre noi non arrivavamo a fine mese – e fu scortato all’auto anche da coloro che più di altri ci avrebbero dovuto rappresentare, per farlo allontanare con i motori a tutto gas.
Ci dica, per quanto duro possa essere il suo animo e il suo pensiero nei confronti delle istituzioni, quelle stesse che forse, in maniera distorta, deviata o collusa, l’hanno protetta o informata, tradendo chi svolgeva lealmente il suo “lavoro”.
I traditori sono traditori, sempre, lei lo sa bene. E allora perché tacerli e tutelarli ?
Ci dica…
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