Silvio Berlusconi è stato condannato per la compravendita di senatori. La sentenza arriva dal tribunale di Napoli, che ha deciso di infliggere al cavaliere 3 anni di reclusione per corruzione. Alla stessa pena è stato condannato anche Valter Lavitola, ex direttore del giornale L’Avanti. Entrambi per 5 anni sono interdetti dai pubblici uffici. In particolare Berlusconi è stato ritenuto colpevole, perché avrebbe pagato il voto parlamentare del senatore Sergio De Gregorio.
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Secondo l’accusa, l’ex Premier avrebbe pagato 3 milioni di euro tra il 2006 e il 2008, in modo da far cadere il Governo che allora era guidato da Romano Prodi. Berlusconi ha risposto alla sentenza definendola “assurda”. Inoltre ha parlato di persecuzione giudiziaria che, secondo il proprio parere, potrebbe ledere la sua “immagine di protagonista della politica”.
L’accusa a Lavitola
Secondo l’accusa è stato proprio il faccendiere Valter Lavitola a fare da intermediario per il pagamento della somma. Secondo i pubblici ministeri, 2 milioni sarebbero stati versati in nero. L’accusa in particolare richiedeva 5 anni per Berlusconi e 4 anni e 4 mesi per Lavitola.
Le reazioni
Gli avvocati della difesa hanno ritenuto che questa sentenza sia “clamorosamente ingiusta e ingiustificata”. Ormai sono quasi scaduti i termini per la prescrizione del processo, ma, nonostante questo, l’avvocato Niccolò Ghedini ha espresso la sua volontà di fare in modo che la Corte d’Appello assolva Berlusconi. Reazioni scottanti anche da parte dei fedelissimi del cavaliere: Mara Carfagna, portavoce di Forza Italia alla Camera, parla di “finale annunciato”. Raffaele Fitto, leader dei Conservatori e Riformisti, si dichiara dispiaciuto. Maurizio Lupi, capogruppo di Area Popolare alla Camera ha detto che questa sentenza “ha dell’incredibile, è ingiusta e va a sindacare un principio sancito dalla Costituzione”.
L’ex Premier Romano Prodi, commentando la sentenza, ha affermato: “Se avessi saputo qualcosa, sarei ancora Presidente del Consiglio”. In ogni caso Prodi non ha voluto costituirsi parte civile nel processo, spiegando che, secondo il proprio parere, il danno è stato ricevuto non dalla sua persona, ma dall’intera democrazia.
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