Silvio Berlusconi e Vladimir Putin: tutti quelli che difendono il presidente russo

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Mentre USA ed Europa (Italia compresa) condannano l’annessione della Crimea alla Russia come violazione della sovranità dell’Ucraina, Vladimir Putin trova alleati nel nostro Paese. C’è il suo grande amico Silvio Berlusconi ma anche Beppe Grillo e i movimenti dell’estrema destra, da CasaPound al Movimento Sociale Europeo. Tutti hanno in qualche modo difeso l’operato del presidente russo: l’ex premier si è rivolto alle potenze occidentali, criticando aspramente le sanzioni e proponendosi come mediatore; il leader del M5S ha espresso il suo “rispetto” per il referendum, le destre nostrane hanno innalzato Putin come esempio, scagliandosi contro Barack Obama. Così a Roma sono spuntati manifesti del Mse con un messaggio chiaro: “Roma sta con Putin. Obama ospite indesiderato”.

La situazione in Crimea e Ucraina è molto complessa e le forze occidentali stanno tentando la difficile via della diplomazia per risolvere una questione che non riguarda solo l’Ucraina. Il dispiegamento delle forze militari russe sul confine con altri paesi dell’ex blocco sovietico, come la Transnistria preoccupa e molto, come ha dichiarato Philip Breedlove, capo delle forze Nato in Europa.

Putin ha alleati anche fuori dalla Russia, Cina in primis, ma anche in Italia, nonostante la posizione del nostro Paese sia perfettamente allineata con gli altri paesi europei e gli Stati Uniti.

Silvio Berlusconi è tornato a difendere il suo amico russo: lo aveva già fatto all’inizio della crisi ucraina, quando erano iniziate le prime sanzioni e lo ha ripetuto con una nota ufficiale dopo che i paesi del G7 avevano deciso di stoppare il G8, previsto a Sochi, fino a quando Mosca non cambierà la politica in Ucraina.

Trovo antistorica e controproducente la decisione dei leader riuniti a L’Aja di escludere la Federazione Russa dal G8”, affermato Berlusconi che definisce “davvero avventate e lontane dallo “spirito costruttivo tutte le decisioni prese in queste ore dalle diplomazie occidentali”. L’ex Cavaliere rivendica per sé il ruolo di ‘pacificatore’ avuto quando era al governo tra Russia e Occidente. “Sono stato io nel ’94 a invitare per primo il Presidente Eltsin al G7 di Napoli e nel 2001 a trasformare il G7 in G8 con il Presidente Putin a Genova. Sono stato io ancora nel 2002 a volere e a concludere l’alleanza strategica tra la Nato e la Russia celebrata al vertice di Pratica di Mare”.

Stando a fonti a FI, Berlusconi avrebbe anche chiamato Putin e si sarebbe offerto anche come mediatore tra Mosca e l’Occidente.

Se dietro la mossa del presidente di Forza Italia ci può essere la voglia di tornare a essere protagonista a livello politico internazionale e il rapporto che lo unisce a Putin, dietro all’appoggio di Beppe Grillo sembra esserci più una difesa a spada tratta della ‘democrazia diretta’.

Il leader del M5S, intervistato da Enrico Mentana a ‘Bersaglio Mobile’, ha parlato anche di Ucraina e Crimea: per lui il referendum che le potenze occidentali dichiarano illegittimo è invece valido.

C’è stato un referendum con 150 ispettori dell’Onu che hanno visionato. Vi ha partecipato l’85% degli aventi diritto ed il 95% ha detto sì. Io lo rispetto”, ha spiegato, concentrandosi anche sulle rivolte di Euromaidan che hanno preceduto il caso Crimea. “A Kiev un governo è stato cacciato dalla piazza. Vorrei capire perché un governo che vince le elezioni viene mandato a casa. Chi c’è nella piazza? Chi sparava sulla folla in piazza a Kiev non erano i russi. Lì ci sono forze statunitensi. È una situazione complessa”.

Una visione non proprio realistica, vista la complessità delle rivolte in Ucraina, con la piazza divisa tra manifestanti e membri dell’estrema destra armati, soldati dell’ex presidente Yanukovich, appoggiato dalla Russia, che sparavano, membri di gruppi di destra nazionalisti paramilitari che rispondevano al fuoco.

Sul carattere ultra nazionalistico delle rivolte hanno invece puntato i movimenti di estrema destra nostrani che hanno identificato in Putin, ex colonello del Kgb comunista, il salvatore della patria (russa? Crimea? Ucraina?).

A Roma, in attesa dell’arrivo di Obama, sono spuntati i cartelloni del Mse che alla vicenda ucraina dedica molta attenzione. “Alla demonizzazione di Putin e delle politiche russe rispondiamo ricordando di come l’Europa sia tuttora occupata da più di 110000 soldati americani e da 170 basi di installazioni americane e non abbia voce in capitolo in politica estera, se – concludono i militanti – non attenendosi ai diktat NATO, pagando con la crisi la sottomissione al modello economico americano“, si legge sul loro sito.

CasaPound si è schierato a fianco del presidente russo, come ha spiegato il suo leader, Simone Di Stefano in un’intervista a Intelligonews. Si riconosce “l’importanza degli sforzi di Putin per creare un mondo multipolare” e il “forte carattere nazional-rivoluzionario” delle rivolte in Ucraina “contro un governo corrotto come pochi altri”. “Ora, tuttavia, con le tensioni in Crimea – terra peraltro storicamente e culturalmente russa – la questione si complica. Quello che serve, adesso, è un cambio di passo diplomatico che consenta una soluzione equilibrata. E non è escluso che, dietro gli scontri di facciata, un accordo non sia già stato trovato”.

Contro le prese di posizione dell’estrema destra si era espresso Pierluigi Battista sul Corriere della Sera nell’articolo “Il debole della destra per i dittatori”: “Questi maestri di pensiero della destra italiana che pur di andare contro la snervata (e sempre detestata) democrazia americana, omaggiano senza pudore Putin, l’ex colonnello del Kgb…Che cosa patetica, questo debole della destra per i dittatori…si credono anticonformisti, ma ogni loro parola porta con sé, inconfondibile, l’odore di un gasdotto”.

La replica era arrivata a firma di Marco Valle sul Secolo d’Italia in cui si difendeva una riflessione a destra “su uno scenario confuso e tragico come quello della crisi ucraina”, rifiutando “finalmente, gli angusti schemi interpretativi di Obama e di Bruxelles. E ancora, non è cosa errata se da più parti si ragiona — una volta tanto con serietà e lucidità — di “grande politica” tenendo presente anche i rapporti geoeconomici e (perché no?) la vitale questione energetica. Tutto senza paraocchi, senza subalternità psicologiche o culturali, all’insegna di “un dibattito serio, nel segno dell’interesse nazionale. Piaccia o meno questa è la destra. Senza stivaloni e colbacchi”.

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