Considerata la candidata dell’agrobusiness, la senatrice Simone Tebet si è classificata al terzo posto dopo aver guadagnato visibilità per la sua preparazione nei dibattiti televisivi.
La candidata Simone Tebet, 52 anni, è la sorpresa di queste elezioni brasiliane, che dall’inizio della campagna elettorale sono state guidate da due uomini bianchi con i capelli grigi. Con il 100% dei voti contati, la senatrice – che si è distinta nei dibattiti televisivi, nonostante la sua esperienza politica sia notevolmente inferiore a quella dei suoi oppositori – si è classificata al terzo posto, con oltre il 4% delle preferenze. Che in Brasile equivale a 4,9 milioni di voti.
Tebet è stato l’unico volto nuovo nel gruppo di testa di queste elezioni ed è riuscita a superare un politico sopravvissuto a mille battaglie come Ciro Gomes, ex ministro di Lula da Silva. I suoi tre avversari sono nella vita pubblica da più di tre decenni. Lei, che fa parte del Movimento Democratico Brasiliano (MDB), ha esordito come senatrice due legislature fa e in precedenza ha ricoperto una posizione di rilievo nel governo del Mato Grosso, terra del potente settore agricolo.
Nata a Tres Lagoas (Mato Grosso), l’equilibrio e la preparazione che ha mostrato nei dibattiti televisivi con tre veterani come Lula, Bolsonaro e Gomes, l’hanno messa nel radar di molti brasiliani che vogliono che l’estrema destra di Bolsonaro se ne vada, ma si rifiutano di dare a Lula il voto in bianco per un terzo mandato. Tebet è considerata la candidata dell’agrobusiness e lei stessa lo ha riconosciuto nell’ultimo dibattito.
Ma ciò non le ha impedito di essere particolarmente preoccupata per la questione ambientale. In quell’incontro faccia a faccia con gli altri candidati, ha ricordato che gli effetti del cambiamento climatico sono già evidenti nella sua terra. Tebet è l’ultima scommessa di chi ha provato negli ultimi due anni a forgiare la cosiddetta terza via, un candidato alternativo a Bolsonaro e alla sinistra rappresentata da Lula. La maggior parte dei suoi connazionali ha notato Tebet per la prima volta durante le sessioni televisive della commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia.
In quella occasione aveva già mostrato le capacità che l’hanno poi elevata nei dibattiti, come quando la scorsa settimana ha detto in faccia al presidente Bolsonaro che gli mancava il coraggio di affrontare questioni importanti, invece di cercare di distogliere l’attenzione per attaccare il Partito dei Lavoratori (PT ).
Tebet è anche una rarità politica in un paese in cui gli uomini dominano comodamente la politica e le posizioni che ne derivano. Il Brasile ha avuto una sola presidente donna, la candidata di sinistra Dilma Rousseff, finita nel peggiore dei modi, vittima di un processo per impeachment nel 2016. E il suo passaggio per palazzo Planalto ha fatto ben poco per cambiare uno dei grandi debiti della più grande democrazia dell’America Latina: solo il 15% degli incarichi pubblici è ricoperto da donne.
Fatte queste importanti precisazioni (ricordiamo che qualora la Tebet dovesse schierarsi con uno dei due contendenti al ballottaggio, potrebbe essere l’ago della bilancia), queste elezioni dovevano essere la tomba politica per Bolsonaro, almeno secondo i sondaggi, e invece la destra avrà il maggior numero di rappresentanti alla Camera, con 96 seggi.
Il prossimo presidente del Brasile dovrà governare con un Congresso nazionale chiaramente conservatore. Se quella scelta al secondo turno è Lula da Silva, sarà francamente difficile avere una solida maggioranza. La camera bassa ha 513 seggi, ma per il Partito dei Lavoratori (PT) di Lula sarà quasi impossibile costruire una maggioranza, poiché tra le decine di partiti con rappresentanza, la maggioranza sarà sul margine che va dal centro alla destra estrema.
Sebbene la sinistra possa segnare qualche gol nel campo della rappresentanza delle minoranze (sono stati eletti i primi deputati trans e due indigeni), la verità è che sono un’eccezione alla regola. Il Congresso continuerà a essere a maggioranza maschile, bianco e di destra.
Bolsonaro è riuscito a collocare molti dei suoi fedelissimi nel ramo legislativo. Tra i nuovi esponenti della destra ci sarà, ad esempio, l’ex ministro della Salute Eduardo Pazuello, generale dell’Esercito la cui gestione della pandemia è stata ampiamente criticata, ma che è diventato il deputato più votato nello stato di Rio, con quasi 200.000 voti.
Un altro dei più votati è stato l’ex ministro dell’Ambiente, Ricardo Salles, famoso per aver smantellato gli organismi di controllo ambientale e incentivato la deforestazione illegale in Amazzonia. Al Senato, che rinnovava un terzo dei suoi seggi, il partito di Bolsonaro avrà anche il banco più numeroso, 14 senatori su 81. Il presidente è riuscito a piazzare otto senatori in più di quelli che aveva fino a ora, e il Senato sarà pieno anche di ex rappresentanti del governo.
Il vicepresidente, fino a poco tempo fa, il generale Antonio Hamilton Mourão, ha vinto il suo seggio, così come il controverso ex ministro della famiglia Damares Alves (un pastore evangelico ricordato per la frase “i ragazzi vestono di blu, le ragazze in rosa”), l’ex ministro dell’Agricoltura Tereza Cristina da Costa, uno dei volti più famosi della potente lobby rurale, e l’ex ministro della Scienza Marcos Pontes.
Entra in Parlamento anche l’ex giudice che ha condannato Lula e poi servito come ministro di Bolsonaro, Sérgio Moro. Domenica sera ha trionfato anche un’altra figura centrale dell’Operazione Lava Jato, principale fattore di usura della sinistra brasiliana degli ultimi anni. Il procuratore Deltan Dallagnol sarà un deputato federale. Il suo voto nello stato del Paraná è stato simbolico, perché ha superato il presidente del PT, Gleisi Hoffmann.
Dei 27 stati che il Brasile ha, solo tre sono già stati definiti per il PT di Lula questa domenica. Altri 11 saranno nelle mani della destra, non necessariamente bolsonarista. Il resto misurerà le forze dopo il secondo turno.
A San Paolo, il motore statale ed economico più popoloso del Paese, l’ex ministro delle Miniere e dell’Energia di Bolsonaro, Tarcísio de Freitas, ha infranto le previsioni elettorali e ha superato il membro del PT Fernando Haddad, il delfino di Lula, e i due si vedranno affrontare ancora il 30 ottobre, con prospettive piuttosto fosche per la sinistra.
A Rio de Janeiro non sarà necessario votare di nuovo: il bolsonarista Claudio Castro non si è ‘accorto’ degli scandali di corruzione che gli aleggiano attorno e ha travolto il candidato sostenuto da Lula ed è già stato rieletto. Lo stato di Minas Gerais, il secondo più popoloso e che solitamente definisce ciò che accade nel Paese nel suo insieme, tornerà ad essere nelle mani di Romeu Zema, anche lui conservatore. Nel 2018 ha sostenuto Bolsonaro, anche se ultimamente si è dichiarato neutrale.
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