È il giorno del dolore e del lutto per la morte di Sinisa Mihajlovic, ma anche quello della riflessione su una vita da combattente, nello sport e oltre, che lo ha visto lottare fino all’ultimo come un leone contro “un male cattivo, resistente a tutte le terapie”. Il racconto del medico che lo ha seguito durante la malattia.
La dottoressa che ha avuto in cura l’ex calciatore e allenatore spiega la battaglia di Sinisa Mihajlovic contro un “nemico” tra i più forti che lei stessa abbia mai visto. Una malattia implacabile, così aggressiva che, nonostante la sua voglia di vivere e di non arrendersi al dolore, lo ha portato via.
L’ultima partita di Sinisa Mihajlovic è finita ieri, quella più importante per la vita. Il campione del calcio si è spento all’età di 53 anni, stroncato dalla leucemia che lo aveva colpito nel 2019.
Per anni è rimasto aggrappato alla sua forza e alla sua voglia di combattere nonostante la sofferenza, un guerriero nella quotidianità come in campo, sostenuto dall’immancabile affetto della sua famiglia.
Ma le condizioni di Mihajlovic si sarebbero progressivamente aggravate e, nei giorni che hanno preceduto la morte, l’apprensione era salita alle stelle.
Il suo male era cattivo, resistente a tutte le terapie, ai trapianti
Così, all’Ansa, la dottoressa che lo ha avuto in cura fino all’ultimo, Francesca Bonifazi, ha delineato i contorni di una battaglia vissuta nel silenzio contro una malattia che si sarebbe mostrata particolarmente aggressiva.
Bonifazi è direttrice del programma Terapie Cellulari Avanzate dell’Irccs Policlinico di Sant’Orsola di Bologna e ha seguito il caso di Mihajlovic sino alla fine.
Con l’annuncio della sua malattia, Mihajlovic aveva scosso le cronache. Ma non si è mai arreso e ha lottato con forza, mostrando una capacità di affrontare i problemi che oggi è insegnamento per tanti.
Ma il nemico contro cui combatteva, secondo il racconto della dottoressa Bonifazi, ha avuto la meglio perché particolarmente feroce.
“Una morte ingiusta e prematura“, ha scritto la sua amatissima famiglia nel momento più duro, quello dell’addio che lo ha visto lasciare la moglie Arianna, i figli e gli altri affetti familiari a cui era legatissimo.
La malattia di Mihajlovic, spiega Bonifazi all’agenzia di stampa, “era molto brutta”, addirittura “tra le più aggressive” che lei stessa abbia mai visto durante la carriera.
Il medico ha ricordato il coraggio di Sinisa Mihajlovic, “un paziente perfetto, con una grande personalità”, al tempo stesso capace di affidarsi totalmente alle cure mediche.
La direttrice del programma Terapie Cellulari Avanzate del Policlinico di Sant’Orsola di Bologna, che ha seguito il decorso del male che ha strappato Mihajlovic alla vita, racconta anche altro del faccia a faccia tra il campione e la malattia.
Un male gravissimo che ha avuto la meglio sulla sua voglia di vivere e di continuare il suo cammino con gli amori più grandi della sua esistenza.
Pur di vivere e restare accanto ai suoi cari, spiega ancora Bonifazi, Sinisa avrebbe affrontato qualsiasi dolore.
Non voleva lasciare la sua famiglia
La dottoresa che lo ha avuto in cura conclude il suo racconto spiegando che Mihajlovic non è stato soltanto un paziente, ma anche un amico. Morto a 53 anni dopo aver insegnato a tutti che si deve sempre lottare.
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