Siria e Turchia sono ai ferri corti da un decennio ma sembrava, come riportato da media locali e internazionali, che potesse essere attivato il momento del disgelo nei rapporti tra i due capi di stato Al Assad e Erdogan. Il leader siriano, però, ha frenato l’entusiasmo precisando che, finché ci sarà occupazione turca sul suolo siriano, non è possibile raffreddare l’astio e risolvere i problemi diplomatici.
Gli ultimi mesi hanno mostrato il presidente turco Erdogan intensificare l’offensiva contro i territori ritenuti basi strategiche dei gruppi ribelli islamici. Si tratta però di andare a invadere e attaccare altre Nazioni e, questo, porta a dissapori non indifferenti, che spingono sul deteriorate i rapporti internazionali. Il capo di stato siriano Al Assad ha, difatti, dichiarato che, soltanto dopo che vedrà ritirate le truppe turche dalla Siria, si potrà cominciare un dialogo costruttivo per riallacciare i rapporti.
Il confine tra Siria e Turchia è sempre stato oggetto di attenzione internazionale in quanto abitato, sopratutto nella città siriana al confine Kobane, dalla popolazione curda. La presa di potere che ha avuto Erdogan nei confronti delle autorità siriane è concreta e ha ricevuto ammonimenti da molti paesi esteri tra cui anche la Russia.
Nel marzo 2011 il governo siriano, guidato dal Presidente Bashar al-Assad, ha assistito a proteste senza precedenti, scaturire dal popolo a favore della democrazia nel Paese. I cittadini chiedevano a gran voce la fine del regime di Assad, che ha preso il posto del padre hafiz nel 2000. Le spaventose rivolte hanno messo a soqquadro la Siria e le autorità hanno deciso di attuare una linea dura. È stato ordinato l’intervento delle forze militari che hanno fatto ampio uso della violenza.
La rivolta del popolo siriano si è trasformata da prevalentemente pacifica in una rivoluzione armata e militarizzata. Gli scontri armati sono diventati sempre più una vera e propria guerriglia tra truppe governative e truppe ribelli e l’apice del della violenza nel 2011 ha poi portato alla guerra che da anni deflagra la nazione.
All’interno dello stato si sono insidiati anche gruppi delle milizie dello stato islamico o Isis, che erano già presenti in precedenza in Iraq, ma che hanno poi occupato anche territori siriani inserendosi di fatto nella guerra interna tra truppe governative e truppe ribelli. Una doppia guerra interna per la Siria che ha due linee distinte, ovvero contro i rivoluzionari siriani e quella invece contro lo Stato Islamico, che si è stabilito in determinati territori. L’altissima tensione e ondata di violenza nel paese ha portato diverse autorità internazionali a intervenire per calmare le acque ma, ovviamente, ognuno sceglie da che parte schierarsi. Dietro a ciò ruotano non solo dinamiche geopolitiche ma anche interessi globali e economici, che spaziano dall’espansione energetica verso nuovi territori fino a interessi territoriali come nel caso del popolo del Kurdistan.
Russia, Iran e Hezbollah, milizia libanese molto potente, sostengono la linea governativa e di conseguenza Al Assad.
Turchia, Usa e diversi Paesi arabi come per esempio il Qatar e Arabia Saudita abbracciano la causa dei ribelli. Nel fronte pro ribelli la Turchia è protagonista e da un reale sostegno logistico, militare ed economico alla fascia che combatte il regime di Al Assad.
Erdogan è schierato nell’appoggiare i ribelli e nello stesso tempo combatte anche le forze Islamiche dell’isis. Ma questa situazione, che prevede una continua invasione dei confini e un mischiarsi di coalizioni con interessi differenti, oltre ad aver gettato la popolazione nella povertà più totale, ha generato malcontento e fatto scaturire attacchi militari e incidenti che hanno compromesso irrimediabilmente o rapporti.
Erdogan è accusato da Al Assad di camuffare le sue mire politiche e strategiche rivolte a minare le autorità siriane, utilizzando la guerra alle milizie dell’Isis. Un chiaro e recentissimo esempio è quello dell’attacco a Istanbul.
L’attentato recente nella capitale turca ha provocato mediante borsa esplosiva quattro morti e decine di feriti. Ma, imediatamente, la polizia turca ha individuato la donna che ha compiuto materialmente il colpo e che ha poi dichiarato di essere stata istruita dal Pkk il Partito curdo dei lavoratori che combatte sia contro al Assad che contro Erdogan.
La situazione ha permesso alla Turchia di contro attaccare e riprendere nuovamente in maniera pericolosa e armata la guerra al confine siriano e l’attacco a Kobane, da parte delle truppe turche, è stato distruttivo. Un conflitto che trova sempre vie differenti che fanno riemergere dissapori che ha provato a sistemare anche Putin, che chiede il ritiro delle truppe turche dal confine.
Mazlum Abdi, comandante della coalizione a guida del Pkk, ha spiegato intervistato dal sito Al Monitor che: “Un atto di provocazione concepita dal governo turco per gettare le basi per la guerra contro di noi. Abbiamo fatto molte ricerche e abbiamo concluso che l’attacco è stato perpetrato da gruppi di opposizione siriani che operano sotto il controllo della Turchia. Abbiamo stabilito, per esempio, e sto rivelando questa informazione ai media per la prima volta, che la donna arrestata per aver piazzato la bomba proviene da una famiglia legata allo stato islamico”. Secondo il leader curdo, la donna, sorella di tre comandanti Isis morti in battaglia e volto noto nell’ambito “era sposata con tre diversi combattenti dello stato islamico e la famiglia è di Aleppo. Secondo Ankara, si è trattato, invece, di Ahlam al Bashir, di nazionalità siriana”.
Versioni discordanti che hanno comunque generato distruzione e morte e chi, spesso, si trova in mezzo ad attacchi e esplosioni è è la popolazione che vive nella paura e vede venire meno serenità e tranquillità quotidiana minata da più fronti. Una situazione che ha irrimediabilmente portato al gelo tra Erdogan e Al Assad.
Nelle scorse settimane media locali e internazionali hanno parlato un possibile disgelo dei rapporti diplomatici tra Siria e Turchia e grazie allo zampino di Mosca. Ma la realtà non è quella prospetta dai media e a precisarlo è stato lo stesso Al Assad.
Il presidente siriano Al Assad, nelle ultime ore, ha precisato che non esiste nessun disgelo nei rapporti diplomatici e politici con la Turchia capitanata da Erdogan, almeno fino a quando non rinuncerà all’occuoazione del territorio siriani. Ma soprattutto le autorità siriane chiedono che non vengano più finanziati i gruppi ribelli. L’agenzia siriana governativa Sana ha riferito di un incontro a Damasco tra Assad e Alexander Lavrentiev, inviato speciale del presidente russo Putin.
La Russia spinge molto sul non causare un conflitto in Medio Oriente che vedrebbe poi coninvolte molte nazioni e graverebbe sull’economia mondiale.
Il ministro degli esteri turco Cavusoglu aveva dichiarato che nei primi giorni di febbraio, avrebbe potuto incontrare i colleghi siriano Miqdad e russo Lavrov per un incontro tripartito incitato e voluto da Mosca. Il capo di stato siriano ha precisato in merito al possibile colloquio con Erdogan: “per essere fruttuosi, questo tipo di incontri devono basarsi…su due principi: la fine dell’occupazione e la cessazione del sostegno al terrorismo“. Damasco accusa Ankara di sostenere gruppi di ribelli e oppositori dello stato nelle regioni nord-occidentali e settentrionali della Siria che sono quelle più esterne dal controllo governativo.
Una situazione delicata e contorta che preoccupa molto le autorità internazionali che sanno quali potenze armate si nascondono tra i ribelli e anche tra le opposizioni statali alle quali possono unire alleati pericolosi che porterebbe poi ad un interesse globale.
Preoccupa chi soffia sulla miccia già mezza accesa come Putin che, stando alle informazioni riportate dai media, non attaccherebbe come dichiarato i gruppi ribelli ma quelli dell’Isis. Un intreccio complicato a livello politico e istituzionale ma non va dimenticato che tocca una popolazione innocente che merita di vivere un po’ di pace.
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