Sissy Trovato Mazza non si è uccisa. La famiglia della poliziotta 28enne, in coma dallo scorso 1° novembre per un colpo di pistola sparato all’interno dell’ascensore dell’ospedale civile di Venezia, continuano la loro battaglia per scoprire chi ha voluto farle del male. A dieci mesi da quel tremendo giorno, Sissy, al secolo Maria Teresa, è stata trasferita in una clinica calabrese, vicino alla sua famiglia, nella speranza che possa risvegliarsi dal coma in cui l’ha mandata quel proiettile. La magistratura sta indagando con l’ipotesi di istigazione al suicidio ma, secondo i familiari, Sissy non si sarebbe mai tolta la vita: dalle telecamere di Chi l’ha visto hanno lanciato appelli e rivelato dettagli inediti che potrebbero far luce su quanto successo.
Tutto è iniziato il 1° novembre 2016 quando la poliziotta, che lavora come agente penitenziaria, si reca in ospedale per controllare una detenuta che aveva partorito. Qui viene trovata in una pozza di sangue dentro l’ascensore, con un foro di proiettile sulla nuca: subito ricoverata, Sissy entra in coma. Da allora le sue condizioni sono stabili ma si spera che possa riprendere conoscenza anche per capire cosa sia successo.
La famiglia non ha mai creduto all’ipotesi del suicidio: era una giovane donna solare, piena di vita, giocava a calcio e amava il suo lavoro. Per questo, nel corso dei mesi, hanno continuato a indagare alla ricerca di elementi utili. Il foro d’entrata del proiettile sarebbe a sinistra, ma Sissy, dicono i familiari, non era mancina: anche la traiettoria suggerirebbe un colpo sparato dal basso verso l’alto, in una dinamica che fa pensare a un tentato omicidio.
L’attenzione è ora rivolta alla denuncia che la poliziotta fece dopo aver visto il bacio tra una collega e una detenuta: dopo il rapporto, la sua vita lavorativa sarebbe peggiorata con interferenze anche nella sua vita privata. In attesa di una svolta nelle indagini, la famiglia continua a sperare che sia lei, da sveglia, a raccontare come sia andata.
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