In Europa vi sono circa 500mila siti contaminati e ancora in attesa di interventi di bonifica: un numero enorme, che dimostra la sostanziale inapplicazione del principio stabilito dall’Unione europea secondo cui chi inquina paga, ratificato dalla direttiva 2004/35/CE. Fino ad oggi sono stati i singoli territori a farsi carico di garantire il diritto alla salute a cittadini che vivono ed abitano in queste aree fortemente a rischio, con tutte le carenze e i limiti che inevitabilmente i soli governi, quando non addirittura gli enti locali, evidenziano in tale ambito. D’altronde parliamo di un costo stimato dalla stessa Ue tra i 2,4 e i 17,3 miliardi di euro l’anno per effettuare le bonifiche, numeri impressionanti, a cui vanno aggiunti gli indici di mortalità e contrazione di gravi patologie nelle aree interessate, che presentano cifre in costante crescita.
Volendo limitarci solo al nostro Paese, i media hanno mostrato attenzione al problema in maniera saltuaria e disordinata, quasi sempre a riporto dell’attualità di cronaca più stringente, ma la questione è assai più radicata nel tempo, come dimostra lo ‘Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento’, coordinato dall’Istituto superiore di sanità, che ha esaminato il tasso di mortalità per 63 gruppi di cause nel periodo 1995-2002, all’interno di un’area complessiva che coinvolge oltre 6 milioni di abitanti sparsi in 298 comuni. Il risultato emerso da questo imponente studio è un numero di vittime pari a 9.969 persone in 7 anni, circa 1200 l’anno. Certo non esiste ancora una correlazione diretta dimostrata dalla scienza, ma sono davvero tanti gli ammalati di tumori ed altre gravissime malattie che patiscono infinite sofferenze a causa dell’inquinamento ambientale.
E poi ci sono i costi: secondo i dati del Censis risalenti al 2009 l’Italia ha speso 8 miliardi e quasi 400 milioni di euro in costi socio-economici per le patologie tumorali, lo 0,58 per cento del suo Pil: la Germania 14,7 miliardi con lo 0,66, Francia 9,9 miliardi per uno 0,59, e Regno Unito 6,3 miliardi con lo 0,38, solo per limitarci ai Paesi più grandi della Ue. Il già citato studio epidemiologico individua la principale causa della contaminazione tanto in materiali come l’amianto quanto nelle emissioni di raffinerie, poli petrolchimici e industrie metallurgiche, e seppur con alcune cautele, i ricercatori spingono a mettere in correlazione le sostanze nocive con le criticità sanitarie riscontrate. La popolazione italiana continua a pagare un alto prezzo per i ritardi accumulati nelle bonifiche da parte del governo, mentre l’amianto e le altre sostanze potenzialmente letali lasciano sul campo ogni anno tanti morti come una guerra civile. Chi inquina paga, dice l’Europa, ma oggi queste parole sanno di amara beffa.
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