I rifiuti elettronici sono una delle problematiche più urgenti dei Paesi industrializzati, poiché l’altra faccia del progresso è il numero sempre più elevato di macchine e componenti ormai obsolete che andrebbero smaltite senza inquinare il pianeta. Purtroppo uno studio rivela come anche in Europa lo smaltimento dei RAEE, il nome tecnico con cui vengono definiti i rifiuti elettronici, avvenga raramente a norma di legge e secondo criteri di impatto ambientale consoni: appena il 35 per cento viene riciclato correttamente, mentre il resto finisce nell’indifferenziato o esportato fuori da i confini continentali, nei Paesi più poveri del globo trasformati in enormi discariche.
I risultati dello studio sono raccolti in una pubblicazione dal titolo Countering Weee Illegal Trade (CWIT), da cui emerge innanzitutto l’enorme numero dei rifiuti elettronici in tutto il Vecchio Continente, che ha toccato quota 9,5 milioni di tonnellate nel solo 2012, ma con numeri in crescita in tutto il mondo. Come anticipato, solo il 35 per cento dei RAEE secondo i dati a disposizione è stato raccolto correttamente dai sistemi ufficiali di riciclo nel periodo di tempo preso in esame: il resto, circa 6,2 milioni di tonnellate, è stato esportato illegalmente oppure gettato tra i rifiuti indifferenziati, o ancora è finito nel circuito del riciclo in modalità erronee.
La criminalità organizzata gioca un ruolo fondamentale nell’esportazione di tali rifiuti fuori dai confini europei, e a tal proposito David Higgins, capo dell’Environmental Security Sub-Directorate di Interpol, ha dichiarato: ‘Visto che può generare profitti e che oggi viene difficilmente scoperta, questa forma di commercio illegale rischia di essere molto sfruttata. I governi nazionali dovrebbero prevenire questo rischio adottando un mix bilanciato di sanzioni amministrative e penali, che riflettano l’entità sia dei profitti illeciti sia dei danni ambientali e sociali provocati‘. Uno dei rimedi per poter arginare il fenomeno dei RAEE sarebbe contrastare l’obsolescenza programmata delle apparecchiature elettroniche, e alcuni governi si sono già mossi dichiarando tale ‘trucco’ delle aziende del settore un reato. Ma servirebbe da questo punto di vista una posizione organica della Ue, senza lasciare soli i singoli Stati.
L’inquinamento da rifiuti elettronici produce un potenziale aumento del rischio di patologie come cancro, malattie epatiche e renali, inoltre la scienza ha stabilito delle connessioni con i ritardi dello sviluppo mentale a causa di sostanze inquinanti contenute nelle apparecchiature, come piombo, mercurio, cadmio, cromo e i clorofluocarburi (CFC). Se a questo aggiungiamo anche un danno economico, stimato fra 800 milioni e 1,7 miliardi di euro l’anno, a causa dei materiali preziosi non recuperati, i motivi per intervenire e migliorare il monitoraggio dello smaltimento RAEE diventano molteplici e ineludibili. E chissà che l’ultimo punto non diventi decisivo per smuovere le acque: magari guardando al portafoglio per una volta si darà un aiuto concreto anche all’ambiente.
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