Chi è ancora disposto a lavorare in modalità smart working, anche se si guadagna di meno? Diminuisce il numero degli italiani che dice sì a questa opzione.
Nelle aziende, sia pubbliche che private, vedono diminuire sempre di più il numero di lavoratori che accetta di stare a casa a lavorare. Il problema? Elevati costi e pochi rimborsi.
Sembrava esser la nuova frontiera del mondo del lavoro: stare a casa e lavorare allo stesso modo di come stare in ufficio. Durante il periodo della pandemia e del lockdown, è stata la soluzione più congeniale per quasi il 100% dei lavoratori, non avendo la possibilità di recarsi fisicamente sul posto a causa delle ristrettezze imposte dal Governo.
Ma dopo due anni, la situazione sembra esser completamente cambiata. Non a tutti conviene più lo smart working. Il motivo? Costi elevati anche per la bolletta di casa e pochi rimborsi effettivi che arrivano. Quindi, tanto vale tornare in ufficio. Un’attenzione posta dal Ministero della Pubblica Amministrazione sì, ma anche da tantissime aziende private.
I lavoratori che vogliono, però, continuare a lavorare in remoto scendono drasticamente e sono solo il 20%, secondo un’indagine fatta dal quotidiano “Il Messaggero”: su 18 milioni di dipendenti, soltanto 6 milioni sarebbero disposti a continuare il lavoro nelle comodità di casa propria. Ad incidere di più su tutti sono gli aumenti del costo di corrente elettrica e gas, che con il lavoro fatto da casa, tende ad aumentare ancora di più.
Si schierano dalla parte dei lavoratori che non vogliono più questo tipo di lavoro, anche i sindacati che analizzano come, sì, lo smart working sia diventato un equilibrio perfetto fra casa, famiglia e lavoro stesso (per circa l’80% dei lavoratori), ma che dall’altro lato, adesso, stia diventando qualcosa di insostenibile.
C’è da dire, anche che, il nuovo contratto che regolarizza i termini dello smart working nel pubblico non specifica ma nemmeno chiude all’ipotesi di una indennità per chi lavora a distanza. Ma, stando a quanto affermano i sindacati, non ci sono risorse per attuare questa indennità e, quindi, tutto sembra irrealizzabile.
Anche gli stessi datori di lavoro, specie nel settore privato, osservano come il caro energia stia notevolmente influenzando lo smart working e, con esso, anche la percezione di “utilità massima”, specie per conciliare lavoro e casa, da parte di chi lo aveva scelto con entusiasmo.
Ma dove, in Italia, lo smart working è stato ed è ancora maggiormente attivo? Sono le aziende del Nord Est, in particolare, ad utilizzarlo maggiormente, con il circa 70% dei lavoratori. Fanno seguito quelle del Centro con il 57%. Poco utilizzato, invece, al Sud, con solo il 30% delle aziende e dei suoi lavoratori.
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