Il Ministero della Difesa condannato per l’omicidio colposo di Salvatore Vacca, soldato della Brigata Sassari morto a 23 anni di leucemia. Secondo la Corte d’Appello di Roma il fante ha contratto la malattia a causa degli effetti dell’uranio impoverito. Salvatore è stato esposto ad un rischio “senza alcuna adeguata informazione sulla pericolosità e sulle precauzioni da adottare”. Sono passati 16 anni dalla sua morte e la mamma, Giuseppina, non si è mai arresa.
I vertici militari conoscevano la pericolosità dell’utilizzo di proiettili contenenti uranio impoverito, Salvatore è uno dei tanti soldati che si è ammalato dopo aver partecipato a missioni nei Balcani e in Albania. Durante il suo servizio, Vacca ha trasportato materiale ritenuto dai magistrati “ad alto rischio di inquinamento da sostanze tossiche sprigionate dall’esplosione dei proiettili”, la condotta omissiva dei vertici militari “configura una violazione di natura colposa delle prescrizioni imposte non solo dalle legge e dai regolamenti, ma anche dalle regole di comune prudenza”. Salvatore è morto nel settembre del 1999 per una leucemia e secondo i magistrati c’è un nesso tra la malattia e l’inalazione delle sostanze tossiche durante il suo serviziomilitare.
In modalità analoghe è morto anche il primo maresciallo incursore dell’Aeronautica militare, Gianluca Danise, che aveva partecipato a diverse missioni all’estero, tra cui Nassirya.
“Questa sentenza mette la parola fine sul più noto dei casi di quella che può essere considerata una strage: 333 militari morti e oltre 3600 malati” ha dichiarato Domenico Leggiero, responsabile dell’Osservatorio militare.
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