Non bastassero i morti, la distruzione, l’emergenza neve, la nuova tragedia dell’hotel Rigopiano, puntuali arrivano le polemiche sul terremoto in Centro Italia e i soldi che non arrivano. Le polemiche sono state accompagnate anche da alcune bufale che hanno iniziato a girare sul web, tanto che è intervenuta la Protezione Civile con un comunicato. Le polemiche sono però partite dalla politica. Il primo a usare toni polemici è stato il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, che già nella mattina del 18 gennaio, a poca distanza dalle prime tre forti scosse di terremoto, aveva affidato ai social il suo sfogo, parlando del governo che “aiuta i migranti prima degli italiani”. Nel corso della giornata sono arrivate le reazioni delle altre opposizioni, a partire dal M5S che ha attaccato il governo, a partire da Luigi Di Maio che ha preso il crollo del campanile di Amatrice come “simbolo dei ritardi” del governo che usava il terremoto per “fare propaganda”. Sui social è poi esplosa la polemica sui fondi del terremoto e i soldi per il salvataggio di MPS e delle banche: giornate infuocate di fronte a una tragedia enorme che sta di nuovo colpendo il Centro Italia.
Con il passare delle ore, la polemica politica è montata nei corridoio dei palazzi romani e soprattutto sul web. Il leader del Carroccio ha annullato i programmi e si è recato nelle zone colpite dal terremoto, come si legge sul suo profilo Facebook, annunciando di aver chiesto al governo, come Lega, “di stanziare 100 milioni di euro per gli interventi urgenti nelle aree colpite”. Altre polemiche sono poi scoppiate per la sua presenza, nella serata di giovedì, negli studi di Otto e mezzo con tanto di doposci, a sottolineare la sua presenza nei territori abruzzesi colpiti dalla neve e dal terremoto.
Sul web viene rilanciata con forza la bufala dei soldi per i terremotati, raccolti con gli sms solidali, scomparsi. Che sia una notizia falsa, rilanciata per avere facili click, lo ha chiarito anche la Protezione Civile che ha emesso un comunicato in cui chiarisce che i 28 milioni di euro raccolti con le donazioni sono destinati alla ricostruzione perché, per le emergenze, hanno a disposizione altri fondi. La stessa spiegazione era arrivata dalla ministra Anna Finocchiaro in risposta alle accuse della deputata M5S Laura Castelli.
Questo il testo del comunicato (che trovate anche qui)
“In riferimento alle nuove errate informazioni che circolano soprattutto sui social in merito all’utilizzo delle donazioni raccolte attraverso il numero 45500, si precisa che, come indicato anche nel Protocollo che ne disciplina il funzionamento, queste serviranno per supportare la ricostruzione dei territori colpiti.
Per la fase di gestione dell’emergenza, infatti, sono destinate tutte le necessarie risorse attraverso i fondi pubblici.
In particolare, in questa emergenza, come disposto dal decreto legge 189 convertito, le donazioni confluiranno nella contabilità speciale del Commissario straordinario alla ricostruzione e saranno gestite passando dal controllo di un Comitato dei Garanti, come prevede proprio il Protocollo.
Saranno i territori a valutare, in raccordo con Regioni e Commissario e sulla base delle esigenze valutate nell’ambito del più complessivo piano della ricostruzione, a indicare su quali progetti destinarli.
Lo stesso vale per le somme raccolte attraverso il conto corrente aperto dal Dipartimento”.
Duro anche l’attacco del M5S. A poche ore dal terremoto del 18 gennaio sono arrivate le dichiarazioni di Di Maio. “È vero che oggi non deve esserci spazio per le polemiche, ma c’è da dire che il campanile di Amatrice è il simbolo dei ritardi del governo che non ha mai messo in sicurezza il campanile. Ci sono stati evidenti ritardi, mentre il governo faceva del terremoto materia per fare propaganda sul referendum“, ha dichiarato ai cronisti. “Servono più strumenti ai vigili del fuoco e ai sindaci e occorre combattere la burocrazia, mentre siamo fermi perché nulla è stato fatto. Noi abbiamo collaborato votando il decreto sul terremoto ma se collaborare vuol dire prendere in giro le persone, sia chiaro che noi non ci stiamo. Siamo pronti a collaborare solo per creare efficienza”.prosegue sul blog di Beppe Grillo che pubblica un lungo post di accusa contro il governo, “reo” di non aver ancora speso i soldi destinati al terremoto. “Siamo in piena emergenza ma il governo si sta muovendo come se le criticità fossero di poco conto o risolvibili in poco tempo”, si legge sul blog.
“Non possiamo permetterci di stare dietro ai tempi giurassici della burocrazia e all’incapacità di chi non sa amministrare la cosa pubblica. Non accettiamo più che il governo si nasconda dietro alle lungaggini e alle lentezze della burocrazia. Lui ha il coltello dalla parte del manico e lui può decidere quanto e come accelerare le procedure”, continua il post.
“La deputata Laura Castelli ha chiesto al governo come sono stati spesi i 28 milioni di euro in donazioni raccolti fino a questo momento dal Dipartimento della Protezione Civile per le popolazioni colpite dal terremoto: la risposta è che quei soldi, che avremmo potuto già utilizzare per aiutare gli sfollati e per le emergenze più impellenti, sono ancora fermi”, prosegue il post che si conclude con l’elenco ottenuto dalla Ragioneria dello Stato sui trasferimenti contenuti nel decreto terremoto del 2016 per le aree colpite dal sisma. “Quei soldi fino ad ora sono arrivati ai ministeri competenti e sono già a disposizione della struttura commissariale, quella che dovrebbe iniziare a funzionare a febbraio ma per la fase emergenziale ancora non si è vista neppure una lira”.
Le polemiche sono all’ordine del giorno nella dialettica politica, un po’ meno quando metà Paese lotta contro una situazione doppiamente critica, con il maltempo e il terremoto. La domanda su dove siano finiti i soldi raccolti con le donazioni dal 24 agosto è più che legittima, così come la risposta della stessa Protezione Civile che ha pubblicato online le specifiche di quanto raccolto. Secondo quanto si legge sul sito (qui i dettagli), la prima raccolta fondi, promossa dopo il 24 agosto e chiusa il 9 ottobre, si è chiusa con 15 milioni di euro raccolti; la seconda attivazione, aperte il 30 ottobre dopo il terremoto, e chiusa il 30 novembre, ha raccolto 4.415.294,00 euro. Al 18 gennaio, tramite il numero solidale 45500 riattivato il 31 dicembre, sono stati raccolti 1.584.694,00 euro: la nuova raccolta fondi è stata prorogata al 14 febbraio 2017. A questi, si aggiungono gli 8.074.687,21 euro raccolti fino al 16 gennaio tramite bonifici su conto corrente intestato al Dipartimento.
Sempre sul sito, si legge dove sono finiti questi soldi.” Come disposto dal decreto legge 189/2016, convertito dalla legge 229/2016, le donazioni al numero solidale 45500 e i versamenti sul conto corrente bancario attivato dal Dipartimento della Protezione Civile confluiranno nella contabilità speciale del Commissario straordinario alla ricostruzione e saranno gestite secondo le modalità previste dal Protocollo d’intesa per l’attivazione e la diffusione di numeri solidali”, scrive la Protezione Civile. I fondi dunque sono in mano al Commissario Vasco Errani che deve gestire la ricostruzione, mentre la raccolta da 1,5 milioni di euro che è ancora aperta, è destinata al progetto “Ricominciamo dalle scuole” per la ricostruzione e la messa in sicurezza degli edifici scolastici delle regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo.
Proprio perché soldi dei cittadini, i fondi raccolti con gli sms solidali sono sottoposti al Protocollo d’Intesa che prevede un percorso burocratico rigido per controllare come e da chi vengono usati. La ministra Finocchiaro, rispondendo in Aula alla deputata Castelli del M5S, l’ha chiarito: serve l’analisi dei danni nelle singole regioni, poi il controllo di un comitato di garanti, che deve verificare il rispetto delle norme nell’utilizzo dei fondi, e infine il via libera. I tempi sono stati accelerati il più possibile, assicurano dal governo, ma al momento 15 dei 28 milioni di euro raccolti sono ancora fermi.
Il decreto terremoto ha stanziato fondi pubblici per l’emergenza terremoto, come per tutte le altre emergenze che si trova a gestire. La contabilità statale ha delle regole molto complesse che si rifanno sia al diritto italiano sia a quello europeo, a cui, ricordiamo, bisogna sottostare perché parte dell’Unione Europea. In linea di massima, possiamo semplificare il tutto e dire che ogni voce di spesa ha un suo finanziamento: lo Stato ha i soldi per le banche e per la gestione del terremoto divisi in compartimenti stagni, ognuno con regole precise. Per farla breve, non si possono prendere soldi da un fondo e usarli per una cosa diversa da quella per cui il fondo è stato creato.
Per il terremoto, bisogna distinguere due fasi: quella della gestione dell’emergenza e quella per la ricostruzione.
Per le emergenze, il governo italiano ha a disposizione il Fondo per le emergenze nazionali del MEF con 234 milioni di euro messi a disposizione per la gestione della prima emergenza, parte della quale ancora usata per la ricostruzione de L’Aquila.
Il 25 agosto, il giorno dopo il primo terremoto, furono stanziati 50 milioni per le prime operazioni post terremoto. Con il decreto terremoto (numero 189 del 17 ottobre) contenente gli “interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto 2016”, i fondi sono previsti fino al 2022 per un totale di 536 milioni di euro, di cui 266 per il 2016, comprensivi del mancato gettito per le tasse sospese ai cittadini delle zone terremotate. Il 27 ottobre, dopo la scossa che ha devastato Umbria e Marche, il CdM ha destinato altri 40 milioni per gli interventi d’emergenza.
Poi c’è il capitolo della ricostruzione per cui sono previste risorse per oltre 7 miliardi di euro dal 2017 al 2047: per avere a disposizione quei soldi, il governo ha già detto alla Commissione europea che farà più debito e che userà gli stessi fondi europei, il Fondo di solidarietà (nato per l’emergenza) e il Fondo per lo sviluppo e la coesione che è strutturale. Per tutta risposta, da Bruxelles è arrivata la lettera in cui si chiede all’Italia un’ulteriore manovra da 3,4 miliardi per rientrare nel contenimento del debito. Da qui, il viaggio del premier Paolo Gentiloni e l’incontro a Davos tra il ministro Pier Carlo Padoan e il Commissario Pierre Moscovici per chiedere il rispetto degli accordi (l’UE aveva detto sì allo scorporo delle spese per il sisma e la gestione immigrati).
Rimane il solito problema: per usare soldi pubblici bisogna aver a che fare con la burocrazia e con enti pubblici di diversi livelli (Comune, Provincia, Regione e Stato, solo per citare i principali) che non dialogano tra di loro e che hanno spesso le mani legate da virgole e cavilli.
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