E’ stato arrestato a Milano Osman Matammud, somalo di 22 anni, dirigente di un centro di raccolta per migranti di Bani Walid in Libia, che secondo gli inquirenti è il responsabile di indicibili atrocità perpetrate ai danni di individui, donne e bambini ”accolti” nel campo profughi. Lo scorso settembre l’uomo è stato riconosciuto dalle sue vittime, arrivate come lui nell’hub aperto dal Comune per accogliere i migranti in via Sammartini. L’inchiesta aperta e coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dai pm di Milano Marcello Tatangelo e Luca Gaglio ha fatto luce sulle attività dell’aguzzino nel campo profughi.
Omicidi, stupri, torture, mutilazioni
Succedeva di tutto nel centro di raccolta migranti di Bani Walid, a 150 chilometri a sud-est di Tripoli in Libia, secondo quanto è emerso dall’inchiesta italiana. Nei mesi scorsi i pm milanesi hanno sentito almeno una decina di persone che hanno descritto nei dettagli quello che accadeva nel campo libico, tra cui due ragazze minorenni che sarebbero state stuprate ripetutamente. Osman Matammud, insieme a altri, avrebbe organizzato i viaggi in barcone che partivano dalla Libia ed erano diretti sulle coste siciliane. Per il viaggio venivano richiesti circa 7500 dollari. Se i soldi non arrivavano, i migranti venivano fermati, abusati e torturati, anche con la corrente elettrica.
Matammud, torturatore sadico
I profughi in fuga dalla Somalia restavano in media due mesi nel campo, ma la detenzione poteva durare fino a otto o dieci mesi. Se la prigionia superava un anno, venivano uccisi. Per tutti le violenze erano costanti. L’obiettivo era indurre i parenti in Somalia a pagare somme che arrivavano oltre i 7000 dollari per assicurare loro un posto sui barconi diretti in Italia, ma anche se le somme venivano consegnare, non sempre le torture cessavano. “Le vittime ci hanno detto che Matammud era un sadico e provava piacere nel massacrare chi arrivava nel suo centro”, ha spiegato Boccassini.
Cadaveri esposti come monito
“Le donne che arrivavano nel centro venivano abusate praticamente ogni giorno – hanno spiegato gli inquirenti – mentre gli uomini erano costretti ai lavori forzati in una struttura vicina”. Se non erano abbastanza rapidi nel lavoro o se i loro parenti ci mettevano troppo a mettere insieme i soldi del riscatto, scattavano le torture. Il pm Tatangelo ha raccontato che i guardiani “incendiavano sacchetti di plastica che erano stati collocati sulla schiena della persone, finché la plastica non si scioglieva. Nel campo c’era una vera e propria stanza delle torture, dove i prigionieri venivano picchiati con delle spranghe, seviziati con la corrente elettrica e in alcuni casi anche uccisi. Le salme venivano esposte come monito per gli altri”.
”Un orrore mai visto in 40 anni”
“In quarant’anni di carriera non ho mai letto di un orrore simile”, ha commentato il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, raccontando che il centro non era un semplice luogo di transito per chi poi voleva ripartire alla volta dell’Italia, ma un luogo dell’orrore quotidiano: “Le vittime che in questi mesi abbiamo sentito – ha proseguito Boccassini – ci hanno raccontato cose pazzesche. Ci hanno colpito soprattutto il coraggio e il pudore con cui le donne hanno riferito delle violenze subite”. I testimoni hanno raccontato che Matammud era il “direttore” del campo-lager e non esitava a praticare ogni genere di abusi e atrocità sui malcapitati che passavano dal centro.
I reati contestati a Osman Matammud
A denunciare l’uomo sono state le sue stesse vittime, che lo hanno riconosciuto nel centro di raccolta profughi di via Sammartini a Milano come l’autore di violenze gravissime, e stavano per linciarlo. Fu ”salvato” dagli agenti della polizia locale che erano intervenuti per sedare la rissa e che poi lo hanno arrestato, nel settembre scorso. Con l’approfondirsi delle indagini è emersa la gravità dei fatti. A carico di Matammud, in carcere a San Vittore per favoreggiamento all’immigrazione clandestina, è stata emessa dal gip Anna Magelli un’ordinanza per 4 omicidi commessi nel campo di Bani Walid, per il sequestro di persona a scopo di estorsione di centinaia di somali, per le violenze sessuali su decine di donne.
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