La campagna di vaccinazione contro il Coronavirus in Italia sta per entrare in una nuova fase: dal 20 settembre iniziano infatti le somministrazioni delle terze dosi di vaccino. Inizialmente saranno interessate alcune categorie di persone con il sistema immunitario compromesso, poi si potrebbe passare anche ad altre fasce della popolazione.
Dopo il parere favorevole del Comitato tecnico-scientifico dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), il Ministero della Salute ha pubblicato una circolare con maggiori dettagli sulla somministrazione della terza dose e sulle categorie interessate, dove si distingue tra “dose addizionale” e “dose booster” .
Le Regioni che si sono dette pronte a partire già dal 20 settembre sono Lombardia, Lazio, Liguria, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana.
In questa fase dedicata agli immunodepressi, dovranno essere vaccinate con una terza dose di vaccino a mRNA (prodotto quindi da Pfizer/BioNTech o Moderna) circa 3 milioni di persone.
La terza dose “addizionale” per dieci categorie di immunodepressi
La circolare del Ministero della Salute sulle terze dosi ha individuato le priorità e i gruppi di riferimento da cui iniziare. Si comincia con dieci categorie di soggetti che hanno subìto un trapianto di organo solido o con “marcata compromissione della risposta immunitaria” a causa di alcune patologie o di trattamenti farmacologici.
Si è visto che la risposta anticorpale inizia a diminuire dopo alcuni mesi dal completamento del ciclo vaccinale. Le persone con un sistema immunitario poco funzionante possono essere meglio protette contro gli effetti della COVID-19 grazie a una terza dose di vaccino, definita dal Ministero della Salute “addizionale”.
Sono state individuate dieci categorie prioritarie che potranno ricevere la “dose addizionale” in base alla presenza di queste condizioni:
- trapianto di organo solido in terapia immunosoppressiva;
- trapianto di cellule staminali ematopoietiche (entro 2 anni dal trapianto o in terapia immunosoppressiva per malattia del trapianto contro l’ospite cronica);
- attesa di trapianto d’organo;
- terapie a base di cellule T esprimenti un Recettore Chimerico Antigenico (cellule CART);
- patologia oncologica o onco-ematologica in trattamento con farmaci immunosoppressivi, mielosoppressivi o a meno di 6 mesi dalla sospensione delle cure;
- immunodeficienze primitive (es. sindrome di DiGeorge, sindrome di Wiskott-Aldrich, immunodeficienza comune variabile etc.);
- immunodeficienze secondarie a trattamento farmacologico (es: terapia corticosteroidea ad alto dosaggio protratta nel tempo, farmaci immunosoppressori, farmaci biologici con rilevante impatto sulla funzionalità del sistema immunitario etc.);
- dialisi e insufficienza renale cronica grave;
- pregressa splenectomia;
- sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) con conta dei linfociti T CD4+ < 200cellule/µl o sulla base di giudizio clinico.
La somministrazione della terza dose addizionale deve avvenire almeno 28 giorni dopo il completamento del ciclo di vaccinazione con uno dei due vacccini a mRNA, a prescindere da quelli usati in precedenza: con Pfizer per chi ha dai 12 anni di età in su e con Moderna dai 18 anni in su.
La terza dose “booster” per le altre categorie
Dopo aver protetto le persone con problemi legati al sistema immunitario, la circolare del Ministero della Salute parla di “dose booster” per alcune categorie “connotate da un alto rischio, per condizioni di fragilità che si associano allo sviluppo di malattia grave, o addirittura fatale, o per esposizione professionale”.
Rientrano in questa definizione over 80, ricoverati nelle RSA e il personale sanitario, che dunque riceveranno la terza dose in un secondo momento. In questo caso, dovranno essere passati almeno sei mesi dal completamento del ciclo di vaccinazione. Le modalità rimangono identiche: verranno usati i vaccini a mRNA (Pfizer o Moderna, a seconda dell’età e della disponibilità) anche se il ciclo è stato completato con vaccini a vettore virale (AstraZeneca o Johnson &Johnson).
Lo scopo è quello di mantenere o ripristinare un adeguato livello di risposta immunitaria contro il Coronavirus, visto che queste fasce di popolazione sono state le prime ad essere state vaccinate e che nel tempo l’efficacia del vaccino nei confronti dell’infezione potrebbe calare (ma resta decisamente elevata nel prevenire ospedalizzazioni e decessi), come dimostrato da diversi studi.