Fiducia in crescita per Matteo Renzi e il suo governo ma anche prime bocciature, o se vogliamo frenate, da parte di alcuni poteri forti, a iniziare da personaggi dell’economia nostrana. Il premier sembra aver captato i messaggi e inizia a mostrare i muscoli. Per l’Italia è tempo di cambiare, basta rendite di posizione, non guarderemo in faccia a nessuno: è il contenuto dell’ultimo messaggio arrivato a ridosso della conferenza stampa di presentazione del piano “mille giorni” per le riforme. “Guardiamo negli occhi tutti, ma non guardiamo in faccia nessuno. Se l’Italia deve cambiare, nessuno può chiamarsi fuori. Nessuno può tirarsi indietro. Vale per tutti i settori”, dice Renzi che sta preparando il discorso introduttivo.
I dati sulla fiducia a Renzi e al governo sono positivi. L’ultimo sondaggio arriva dall’Istituto demoscopico Ixè in esclusiva per Agorà Estate su Rai3 ed è relativo all’ultima settimana di agosto 2014, registrando il 51% di fiducia nel premier e nel governo, in crescita rispetto al 49% dell’8 agosto. Numeri incoraggianti, confermati anche da quel 49% che crede che Renzi possa modificare la politica europea, facendo passare la linea della flessibilità: nonostante le opinioni negative siano in maggioranza (51%), la sensazione è che “nel percepito degli italiani il premier sta riuscendo a tenere il Paese in una situazione di galleggiamento e forse qualcosa di più”, come ha spiegato Roberto Weber, presidente Ixè.
Dall’altro lato però sono arrivate steccate e bocciature da parte di coloro che, in un primo momento, lo avevano appoggiato. La copertina dell’Economist è indicativa, ma non è che all’estero si siano profusi in complimenti per la sua nomina a premier. Molta la stampa estera, soprattutto quella economico-finanziaria, che ha sospeso il giudizio: la situazione italiana è tale che le promesse non bastano più e la cura choc, da tutti auspicata, potrebbe non bastare.
Per questo Renzi dovrebbe mettere in moto una serie di riforme che cambino radicalmente lo stato delle cose in Italia, scardinando un sistema di poteri forti e di rendite che hanno permesso ad alcuni di ingrassare. Il condizionale è d’obbligo: la ricetta della “riforma al mese” è fallita anche perché davvero utopistica in un Paese come l’Italia, dove ogni settore ha la sua lobby di potere intoccabile.
Troppo poco si è fatto finora e sono in aumento coloro che lo fanno notare in ogni occasione. Le ultime arrivano dal Meeting di Rimini. Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha chiesto garanzie a Renzi, accusandolo di non avere una prospettiva di lungo corso. “Non dobbiamo aspettarci miracoli, non avremo una crescita rapida nei prossimi anni. Per questo serve una prospettiva, noi siamo pronti a fare questi sacrifici”, ha detto dal palco di Cl. Parole che sono nella scia di quanto già detto da Confcommercio per cui il bonus di 80 euro ha smosso poco o nulla.
Stesso timore quello espresso da Sergio Marchionne che, sempre da Rimini, ha spiegato di averlo incoraggiato a proseguire “senza curarsi del clamore e degli attacchi”, augurandosi che il suo esecutivo non faccia la fine dei precedenti governi, costretti a “scontrarsi con un muro di gomma e a svolgere un ruolo amministrativo”.
Le critiche e le bocciature sembrano più uno sprone che un secco no al premier, con l’augurio che sia diverso per davvero da chi lo ha preceduto. Bisognerà vedere se i poteri forti saranno dello stesso parere se e quando il governo deciderà di scardinare posizioni di rendita.
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