Altra settimana nera per la presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, e per il suo partito, Fratelli d’Italia, o almeno così dicono i sondaggi di Swg per il tg di La7. Ma come la premier perde, c’è qualcun altro nella maggioranza che cresce e bilancia. La Lega di Matteo Salvini, infatti, ha guadagnato in una settimana mezzo punto percentuale e ha staccato il terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi, che non ha né perso né guadagnato.
Tra chi, invece, ha racimolato qualche percentuale a Meloni c’è il Partito democratico di Enrico Letta e, soprattutto, il MoVimento 5 stelle di Giuseppe Conte. Bene anche Forza Italia di Silvio Berlusconi, che rosicchia qualche decimale sul gruppo dei due ex dem. Ma i sondaggisti hanno anche chiesto agli elettori cosa ne pensassero del tema delle intercettazioni, su cui negli ultimi giorni si è dibattuto parecchio per via delle dichiarazioni del ministro della Giustizia, Carlo Nordio.
La luna di miele del governo di Giorgia Meloni è finita, e così, dicono i sondaggi, anche la crescita del partito della prima presidente del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana. Secondo l’istituto di ricerca Swg, che ha realizzato la rilevazione (come sempre) per il tg di La7, Fratelli d’Italia per la seconda settimana di fila perde qualche decimale in vista delle prossime elezioni politiche, molto lontane in ogni caso.
Dal 30,8% del 23 gennaio, infatti, il primo schieramento al 25 settembre in Italia è sceso questa settimana al 30,4%, cedendo uno 0,4% di potenziali voti che, invece, andrebbero dritte dritte alla Lega di Matteo Salvini, il partito che è cresciuto di più nella maggioranza del centrodestra, ma anche dell’intero arco parlamentare.
Il Carroccio, in realtà, in sette giorni è riuscito ad arrivare alla fatidica quota 9%, partendo da l’8,5%, e staccando, finalmente secondo loro, il terzo polo di Azione e Italia Viva, quindi di Carlo Calenda e Matteo Renzi. Il gap tra leghisti e i due ex, ora, è dello 0,8%, mentre al 23 gennaio era solo dello 0,3%, a fronte di un 8,2% che, per l’ex ministro dello Sviluppo economico e il suo premier, è rimasto tale a quale a come era, e di cui può godere anche il partito di Silvio Berlusconi, Forza Italia. Gli azzurri, che dalle politiche avevano perso qualcosa, sono fotografati oggi al 6,8% contro il 6,6% di sette giorni fa.
Questi numeri, siamo certi, non impensieriranno Meloni, che comunque può ancora godere di un ampio sostegno (sono comunque, e ancora, la prima compagine italiana), ma sono certamente il sintomo che qualcosa si è rotto, ma anche che sedersi sui banchi dell’opposizione, a volte, è più semplice che metterci la faccia direttamente.
Una dimostrazione, a eccezione del terzo polo, chiaro, è data dalle percentuali registrate sia dal MoVimento 5 stelle, sia dal Partito democratico. In una settimana, lo schieramento di Giuseppe Conte ha guadagnato lo 0,4%, arrivando al 17,8% che lo avvicina ancora di più a Fratelli d’Italia e lo allontana anche un po’ dagli ex alleati, che crescono sì, ma solo dello 0,2%. Ecco, sì, pur dilaniati dai dubbi – che passano dal nome e arrivano, per forza di cose, fino al prossimo segretario che dovrà sostituire Enrico Letta -, dal Nazareno possono gioire per essere arrivati al 14,2% che, magari, passo dopo passo, e una volta che si saprà chi avrà vinto le primarie, crescerà ancora, chissà.
Dai banchi delle opposizioni, però, si può notare anche un lieve calo dell’alleanza tra Europa Verde di Angelo Bonelli ed Eleonora Evi e Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni. Dal 3,8% del 23 gennaio, i rossoverdi sono al 30 gennaio al 3,6%, e sono comunque al di sopra della soglia di sbarramento, su cui sta, ma solo adesso, anche +Europa di Benedetto Della Vedova ed Emma Bonino, ancora in crescita di un decimale rispetto a una settimana fa e fotografati al 3,2%, praticamente a un soffio dagli alleati con cui si sono presentati alle elezioni.
Chi rimane ancora sotto sono Per l’Italia con Paragone che, tra l’altro, cede anche lo 0,3% dei consensi ed è ora al 2% tondo, esattamente come Unione popolare di Luigi De Magistris, l’ex sindaco di Napoli, che, però, si prende uno 0,2% in più. Cresce, e non è una cosa positiva, anche la percentuale di persone che non si recherebbero alle urne se si dovesse votare ora. Se una settimana fa il dato gli indecisi erano al 36%, in calo rispetto al 38% di qualche tempo fa, ora sono tornati al 37%.
Ci sono indecisi anche per quanto riguarda il tema delle intercettazioni, su cui nei giorni scorsi si sono create delle polemiche per le dichiarazioni del ministro della Giustizia, l’ex magistrato ora tra le fila di Fratelli d’Italia, Carlo Nordio.
Nel merito di come dovrebbero essere utilizzate, e quindi in quali casi o procedimenti giudiziari, gli italiani non la pensano esattamente come il Guardasigilli. Per il 31% degli intervistati da Swg, infatti, dovrebbero essere estese a tutti i reati, mentre per il 28% vanno bene esattamente come sono. Ancora, il 27% dà ragione al ministro del governo Meloni, e dunque crede che debbano essere sottoposti a intercettazione solo le persone per i reati di mafia o di criminalità organizzata. A fronte, poi, del 12% di chi non sa, però, c’è anche un 1% che crede che debbano essere abolite del tutto.
Ma sulla questione, Nordio aveva posto anche un altro problema: la loro pubblicazione da parte della stampa. Ecco, in questo caso gli elettori vanno più nel senso del titolare della Giustizia e la maggior parte, ovvero il 54% degli intervistati, pensa che debbano essere vietate solo per le conversazioni che riguardano fatti privati non legati al reato per cui vengono sottoposte. Il 23% crede, invece, che debbano essere vietate a prescindere, e solo il 12% dovrebbero essere pubblicate sempre, l’11%, infine, non sa rispondere.
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