Sondaggi politici, crescono (tanto) Cinque stelle e Lega. Nel Pd vince Bonaccini su Schlein

È lunedì ed è tempo di sondaggi, quelli di Swg per il tg di La7. Rispetto a una settimana fa, a guadagnare più consensi secondo l’istituto di ricerca sono ancora il MoVimento 5 stelle di Giuseppe Conte e la Lega di Matteo Salvini. Rimane stabile il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, ancora primo in Italia, e decresce poco Forza Italia di Silvio Berlusconi.

Salvini Conte
Matteo Salvini e Giuseppe Conte – Nanopress.it

Perdono un po’ di più, invece, il terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi, che hanno appena istituito un comitato di coordinamento per dare il via alla federazione, ma soprattutto il Partito democratico di Enrico Letta (ancora per poco). Ecco, in merito al sostituto del segretario, che si sceglierà a febbraio, una settimana dopo le regionali in Lazio e in Lombardia, a vincere, sempre secondo i sondaggi, sarà Stefano Bonaccini, il governatore dell’Emilia Romagna. La sua ex vice, che oggi ha ripreso la tessera del partito, Elly Schlein, viene staccata da di poco, soprattutto se si considera la terza candidata per le primarie, Paola De Micheli, che è la meno popolare e quella con meno chance di vittoria dei tre.

Sondaggi politici, Cinque stelle guadagnano mezzo punto. Benissimo anche la Lega di Salvini

Questo 12 dicembre del 2022, secondo i sondaggi di Swg per il tg di La7, assomiglia tantissimo a un giorno a caso della campagna elettorale per le elezioni politiche del 2018, quelle che ha di fatto portato alla nascita del primo governo guidato da Giuseppe Conte, l’attuale presidente del MoVimento 5 stelle, che prima era un uomo del popolo, il suo avvocato, poi è diventato un uomo delle istituzioni, e poi anche di un partito che ci sta dentro. Anche molto bene.

Conte Salvini
Giuseppe Conte e Matteo Salvini – Nanopress.it

Era da allora, infatti, che i pentastellati non crescevano così tanto. Una legislatura prima si erano presi i primi seggi in Parlamento, nel 2018, invece, erano riusciti a prendersi Palazzo Chigi, ma avevano bisogno di qualcun altro per formare un governo che avesse la maggioranza. C’erano voluti mesi, all’ora, per trovarlo, poi ci pensò la Lega di Matteo Salvini, terzo schieramento più votato dopo il Partito democratico – che era di Matteo Renzi – ad aiutarli trovando una quadra che ha portato il Capitano a vestire i galloni di vicepremier e di ministro degli Interni. E quindi, quei due partiti, crescevano quasi cinque anni fa, e crescono ancora, anche se per motivi diversi.

Meloni Letta
Giorgia Meloni ed Enrico Letta – Nanopress.it

Poco prima delle politiche, infatti, erano entrambi opposizione, ora si trovano uno da una parte, uno dall’altra. Il Carroccio è tornato nei binari ed è il secondo partito della coalizione guidata da Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e prima presidentessa del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana, i Cinque stelle sono soli e un po’ fanno l’occhiolino ai dem, un po’ si tirano indietro, e vanno contro gli ex alleati.

È per due ragioni differenti, dunque, che crescono, e lo fanno più di tutti gli altri, che addirittura perdono pezzi. Per la Lega, probabilmente, si tratta di aver portato a compimento fin da subito gran parte degli obiettivi che erano stati decantati in questa campagna elettorale: flat tax, condoni esattoriali (ma non chiamateli così), lotta all’immigrazione clandestina, persino il ponte sullo Stretto sembra che possa avere da fare. Per Conte, invece, i consensi salgono perché piace la linea politica dell’ex premier, ma ancora di più perché le persone hanno paura di quello che verrà dopo il reddito di cittadinanza non esisterà più.

Venendo ai numeri, però, dall’8,1% della settimana scorsa, Salvini passa all’8,4%, mentre il MoVimento 5 stelle dal 16,6% arriva al 17,1%, continuando anche la rincorsa al partito di Meloni che, invece, ferma la sua rimanendo stabile al 30,8%. Anche questi dati saranno da leggere più nel lungo periodo e non durante il momento clou in cui ancora si discute la manovra di bilancio che, a breve, dovrebbe anche ricevere il parere della Commissione europea, come preannunciato dal commissario per l’Economia, il nostro Paolo Gentiloni.

Come nel 2018, ancora, a stare in mezzo ci sono i dem, che ancora hanno come leader Enrico Letta, ma la sua è una carica momentanea, fin tanto che si decide dove vuole andare il partito, in tutti i sensi. Del nome, dei candidati alle primarie ne parleremo dopo, ora c’è da sottolineare il fatto che, anche questa settimana, ad accompagnare la differenza delle stime ci sia il segno negativo. Dal 5 dicembre, il Pd ha perso un altro 0,4%, aumentando a quasi un punto il gap dai Cinque stelle e vedendo avvicinarsi anche lo spettro del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, e si ferma a un 15,1% che se non è un minino storico, poco ci manca – e ci sarà anche da fare i conti con lo scandalo Qatargate al Parlamento europeo, tra l’altro.

Renzi Calenda
Matteo Renzi e Carlo Calenda – Nanopress.it

Quanto a quello che, all’epoca, era il suo segretario, in coppia con Carlo Calenda, anche lui fuoriuscito, entrambi leader del terzo polo, ecco, loro vengono proprio contro scavalcati dallo schieramento di via Bellerio, e perdono anche lo 0,2% (arrivando all’8% tondo). Il doppio rispetto a quello che ha perso il terzo partito della maggioranza, Forza Italia di Silvio Berlusconi, ora il vero anello debole della coalizione di centrodestra con “solo” il 6% dei consensi.

A chiudere il quadro delle compagini che sono entrate in Parlamento, poi, l’alleanza Verdi e Sinistra italiana di Angelo Bonelli, Eleonora Evi e Nicola Fratoianni. Il caso Aboubakar Soumahoro – che sta cambiando le vesti in un voyeurismo all’italiana con foto della moglie non più con le borse Louis Vuitton ma con le tette di fuori – non ha scosso i rossoverdi che prendono lo 0,1% e arrivano al 4,1.

Fratoianni Evi Bonelli
Nicola Fratoianni, Eleonora Evi e Angelo Bonelli – Nanopress.it

Sotto la soglia di sbarramento, invece, torna +Europa di Benedetto Della Vedova ed Emma Bonino che perde lo 0,3% e scendono al 2,7%. Perde anche Italexit per l’Italia di Gianluigi Paragone, ora al 2,2%, e anche l’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris che, con il suo Unione popolare, arriva all’1,6%: 0,1 punti percentuali rispetto a una settimana fa. Gli indecisi, invece, sono sempre gli stessi: il 36%, e no, nel 2018 non era così.

Per gli elettori del Partito democratico, Bonaccini è avanti su Schlein e non vogliono il cambio del nome

Il Partito democratico, dicevamo, è lo schieramento che perde di più. In totale crisi d’identità, i dem dovranno trovare una sintesi per quanto riguarda varie questioni, mentre altre verranno scelte dagli elettori (del Pd) il 19 febbraio: sì, ci sono le primarie, e tra i candidati, al momento, ci sono solo Paola De Micheli, predecessora di Salvini a Villa Patrizi, Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna, ed Elly Schlein, sua ex vice in regione e ora deputata.

Schlein Bonaccini
Elly Shlein e Stefano Bonaccini – Nanopress.it

Da Swg, hanno chiesto a un campione di elettore quale fiducia avessero nel trio, e a vincere è stato, sia per quello dem, sia per quello che non lo è, l’unico uomo in corsa. Con il 52% degli italiani e addirittura l’89% dell’elettorato del partito, Bonaccini vince sull’italo americana che si ferma al 46% del totale e l’86% dei suoi. Infine, ripongono fiducia in De Micheli solo il 31% degli elettori tutti e poco meno del doppio (il 60%) del Pd.

Anche come candidato più adeguato a vincere è sempre il presidente emiliano, ma solo secondo gli elettori che potrebbero votare alle primarie. Con il 39% contro il 35% di Schlein, Bonaccini potrebbe prendere concretamente il posto di Letta. Poche chance ci sarebbero, invece, per l’ex ministra che si ferma ad appena il 7% dei consensi, e perde anche contro gli indecisi, o meglio quelli che non appoggiano nessuno dei tre, che sono il 19%.

Molti meno indecisi ci sono, invece, sul nome. Negli ultimi giorni, simpaticamente, il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, che, a differenza di quello di Pesaro, Matteo Ricci, non sostiene pubblicamente il suo governatore, aveva detto di puntare su Padel – acronimo di Partito democratico del lavoro, e non lo sport che si pratica con la racchetta e va tanto di moda ora -, una scelta che, al di là dei sorrisi, non è piaciuta agli elettori dem, che per l’86% vorrebbero tenere l’attuale contro un 14% che pensano che la rifondazione passi anche da un restyling totale, anche del nome.

Impostazioni privacy