Per la prima volta dopo mesi, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni inizia a perdere percentuali, manciate di voti, per carità, ma tant’è. Molto più del partito della prima presidentessa del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana, però, perde consensi il Partito democratico di Enrico Letta, che cede ancora lo 0,4% e ora è a un punto dal MoVimento 5 stelle.
La compagine di Giuseppe Conte, infatti, si ferma al secondo posto e riesce a guadagnare solo su FdI e sul Pd, appunto, non sul terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi che, tra i maggiori partiti, è tra quelli che cresce di più. Nonostante il caso di Aboubakar Soumahoro l’alleanza tra Sinistra Italiana ed Europa verde è quella che registra un aumento percentuale maggiore secondo il sondaggio di Swg per il tg di La7. Bene anche Forza Italia di Silvio Berlusconi e la Lega di Matteo Salvini, comunque fotografati dietro i due ex dem.
Come non succedeva da tantissimo tempo, Fratelli d’Italia della presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, inizia a perdere qualche pezzo, piccolissimo, per strada. Secondo il sondaggio di Swg per il tg di La7, infatti, il partito che alle elezioni politiche è stato incoronato come il più votato in Italia ha perso in una settimana lo 0,1% dei consensi arrivando al 30,3% totale.
Un nonnulla, è vero, soprattutto se si considera che il MoVimento 5 stelle di Giuseppe Conte, secondo in questa speciale classifica, è ancora al 16,9% come la settimana scorsa, e quindi in pratica è quasi doppiato dallo schieramento della premier. In effetti, però, la fotografia delle rilevazioni fatta per Enrico Mentana sorride ai pentastellati e all’Avvocato del popolo. Perché recuperano lo 0,1% a FdI, ma aumentano soprattutto il gap con un Partito democratico in discesa libera.
I dem del segretario Enrico Letta, che presto avranno una nuova guida, cedono lo 0,4% in sette giorni e scendono sotto la soglia del 16% arrivando al 15,8%. Numeri preoccupanti specie se si pensa che a guadagnare consensi ci sono tutti gli altri, alleati, ex alleati e avversari.
Il terzo polo di Azione e Italia Viva, quindi di Carlo Calenda e Matteo Renzi, guadagna 0,2 punti percentuali cementando la quarta posizione con l’8,1% dei consensi ai danni di una Lega di Matteo Salvini che cresce, sì – ed è il partito della coalizione di maggioranza che lo fa di più – ma non abbastanza per collocarsi ai gradini del podio. Il Carroccio, con lo 0,2% in più rispetto a una settimana fa, è al 7,8%. Bene, comunque, anche Forza Italia di Silvio Berlusconi, al momento in crescita dello 0,1% e al 6,5% dei consensi totali.
A sorpresa, soprattutto per il caso che ha investito l’ormai ex deputato Aboubakar Soumahoro, l’alleanza tra Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni ed Europa Verde dei due co portavoce Angelo Bonelli ed Eleonora Evi è la forza che guadagna di più. Con lo 0,3% in più, i rossoverdi sono ora dati al 4,3% dei sondaggisti di Swg.
Lo stesso aumento percentuale anche del movimento di Gianluigi Paragone, Italexit per l’Italia, che, però, come alle elezioni del 25 settembre non avrebbe i numeri per poter entrare di diritto in Parlamento. Nonostante l’aumento, infatti, l’ex senatore dei Cinque stelle si ferma al 2,2%, appena lo 0,6% in più di +Europa di Benedetto Della Vedova ed Emma Bonino, che ha perso in sette giorni lo 0,2% ed è ora sotto la soglia di sbarramento del 3%. Guadagna qualcosa, appena lo 0,1%, anche Unione Popolare dell’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris, ora fotografata all’1,6%. Le altre liste, tutte insieme, perdono mezzo punto percentuale e sono ora al 3,7%.
L’istituto Swg sempre per il tg di La7 ha chiesto agli intervistati cosa pensassero della manovra finanziaria licenziata dal governo Meloni, che oggi è stato resa nota. In una scala da uno a dieci, il giudizio medio si ferma al 5,3 esattamente come quella che venne approvata dal primo governo di Conte, quello con la Lega. Le scelte dell’esecutivo di Mario Draghi in ambito economico sono piaciute di più, però, e infatti il voto medio è di 5,8, mentre quello per il governo giallorosso è di 4,7. Quindi bene, sì, ma non benissimo.
Il giudizio, però, cambia molto a seconda delle persone e del partito che hanno votato o voterebbero. Per i simpatizzanti di Fratelli d’Italia, la legge di bilancio non ancora approvata si merita un bel 7,8, per i leghisti è al 7,1 e per i forzisti vale un bel 7. I votanti del terzo polo la giudicano insufficiente con un 5,1 di media, per il Pd sta al 4,4, i pentastellati sono i più severi – forse perché hanno levato il reddito di cittadinanza? – e regalano un 3,4 alle scelte economiche di Meloni e dei suoi ministri.
Tra gli interventi più apprezzati dagli intervistati c’è sicuramente la riduzione delle bollette, misura considerata opportuna dal 77% dei votanti contro un appena 8% contrario e un 15% che non si esprime. È giudicata positiva anche la conferma del bonus sociale bollette per il 75%. La misura che più si è ritenuta inopportuna è l’estensione di un mese del congedo parentale per il 22%, per il 18%, invece, è sbagliato aver ridotto l’Iva sui prodotti per l’infanzia e l’igiene femminile, la cosiddetta tampon tax.
Queste, comunque, erano le misure più apprezzate, appunto, tra quelle che destano perplessità ci sono quota 103, con solo il 51% a favore della misura, o la tregua fiscale in cui favorevoli e contrari sono alla pari al 42%. Non è piaciuta l’estensione della flat tax per le partita Iva fino a 85mila euro e neanche il tetto al contante.
In ultima analisi, è stato chiesto se in base alla manovra l’anno prossimo ci si attende di pagare più o meno tasse rispetto a quello che sta per finire. Per il 25% si pagheranno più tasse, per il 7% saranno molte di più, per il 18% saranno solo un po’ più alte, il 40% crede che si pagheranno le stesse, e il 17% crede che diminuiranno, solo il 2% di loro, però, pensa che saranno molte meno.
Il trend registrato è più o meno lo stesso rispetto a quello dell’anno scorso in cui il 20% credeva che si sarebbe pagato di meno e il 28% in più, ma in totale disaccordo rispetto alla manovra licenziata dal 2020 dal secondo governo Conte, quello con il Pd. In quel caso, il 49% pensava che le tasse sarebbero state molte di più e solo il 6% la pensava diversamente.
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