[didascalia fornitore=”altro”]Foto di VGstockstudio/Shutterstock.com[/didascalia]
Nella famiglia Smith la gioia di un matrimonio è stata accompagnata dall’incubo dell’anoressia. Il matrimonio era quello della sorella maggiore Joanne, mentre a cadere vittima dell’anoressia è stata la figlia minore Katie: la dieta per entrare nel vestito da damigella ha scoperchiato un calderone di insicurezze e sensi di inadeguatezza che sono degenerati nell’anoressia.
“I muscoli mi facevano sempre male e sentivo perennemente freddo. Dovevo indossare strati multipli di vestiti. Ho smesso anche di avere il ciclo mestruale”. Katie Smith di Manchester, oggi 18enne, ha sviluppato l’anoressia dopo essersi guardata allo specchio con indosso il vestito da damigella per il matrimonio della sorella. All’età di 15 anni nella sua guerra contro se stessa Katie ha provato ad assumere 40 lassativi alla volta, ha corso per ore per perdere peso e infine ha ristretto il suo regime alimentare a sole 100 calorie quotidiane. Katie è arrivata a pesare poco più di 40 chili e ad indossare vestiti per bambini di 10 anni.
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Ad un certo punto Katie ha smesso di andare in piscina, così che sua madre non potesse accorgersi di quanto era diventata magra.
L’anoressia non è stato il primo problema alimentare di Katie: l’anno prima aveva fatto i conti con la bulimia. “Mi abbuffavo ingurgitando fino a 5mila calorie al giorno, poi me ne liberavo vomitando”.
Per combattere l’anoressia Katie è stata aiutata in una clinica specializzata, dove ha ricevuto anche supporto psicologico.
“Ho capito che se fossi andata avanti per quella strada sarei morta. Questo pensiero mi ha fatto venire voglia di stare meglio. Avere un disordine alimentare è stato terribile, non credevo che sarei arrivata a compiere 18 anni”.
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“La musica mi ha aiutato molto nel mio percorso di guarigione, mangiando indossavo le mie cuffie e ascoltavo la mia band preferita, i 30 Seconds to Mars. Ci sono stati momenti nella mia vita in cui ho creduto che sarei morta”.
Katie conclude con un messaggio che offre un raggio di speranza a chiunque si trovi ad affrontare il calvario che lei ha conosciuto bene: “Ora sono contenta di essere guarita. E’ valso la pena di combattere questa battaglia”.