Una vendetta in piena regola, una giustizia sommaria che ha gettato nel dramma un’intera comunità. È quanto avvenuto a Vasto (CH), nel pomeriggio di martedì 1° febbraio, dove Fabio Di Lello, panettiere e calciatore di 32 anni, ha ucciso a colpi di pistola Italo D’Elisa, di 22 anni, che sette mesi prima investì e uccise la moglie, Roberta Smargiassi. L’uomo ha atteso il giovane davanti al bar ‘Drink Water’ di via Perth, nei pressi dell’incrocio dove la moglie perse la vita, e ha esploso quattro colpi, a distanza ravvicinata, colpendolo per tre volte all’addome in uno stile che richiama le esecuzioni criminali. A quel punto, Di Lello si è diretto al cimitero e ha lasciato la pistola sulla tomba della moglie, poi ha chiamato un amico e si è costituito nel tardo pomeriggio, dopo qualche ora che era ricercato dai Carabinieri.
“È una tragedia nella tragedia, questo è lo sconforto” dice il procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale, Giampiero Di Florio.
Di Lello, racconta chi lo conosce, non aveva accettato la morte della moglie e si recava al cimitero quasi ogni giorno, a partire da quel maledetto 1 luglio 2016 in cui il 22enne Italo D’Elisa aveva investito e ucciso la sua Roberta. Lui, a bordo di un’auto, non aveva rispettato un semaforo rosso e aveva travolto in pieno la donna che si trovava a bordo di uno scooter.
Italo D’Elisa (in foto) era in attesa di processo per l’incidente costato la vita alla 34enne
La dinamica dell’omicidio fa pensare che in tutti questi mesi stesse covando la sua vendetta personale: D’Elisa era indagato a piede libero per omicidio stradale, in attesa che iniziasse il processo.
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L’incidente aveva scosso molto la comunità di Vasto. Roberta aveva 34 anni e si era sposata da poco con Fabio, titolare coi genitori di una delle panetterie più rinomate e calciatore della squadra di San Vito, quando ha perso la vita a quel maledetto incrocio. Quel giorno stava andando dai genitori dopo aver lavorato nella panetteria: come ultima cosa aveva chiamato la mamma per avvisarla che stava arrivando.
L’impatto con l’auto le era stato fatale ed era morta pochi minuti dopo l’arrivo in ospedale. Nei mesi successivi era stata organizzata anche una fiaccolata per chiedere giustizia. Per Fabio quel giorno ha cambiato la sua vita. “La mia Roberta mi è stata rubata”, aveva scritto in un annuncio sul portale zonalocale.it per indire una messa in suffraggio. Non riusciva ad accettare quello che era successo e per mesi ha meditato di farsi giustizia da solo, senza aspettare i tempi della giustizia italiana.
Sulla sua pagina Facebook campeggia l’immagine tratta dal film “Il gladiatore” quando il protagonista, Massimo Decimo Meridio” al rientro a casa trova la famiglia massacrata: una scelta non causale per il 32enne che quel 1° luglio aveva perso la persona a lui più cara. L’intera comunità di Vasto è sotto choc: il giovane ora si trova in stato di fermo ed è guardato a vista.
“C’è stata una campagna di odio da parte dei familiari di questa ragazza. Ora ne vediamo le conseguenze. Vedevamo manifesti dappertutto. Continui incitamenti anche su internet a fare giustizia, a fare giustizia. Alla fine c’è stato chi l’ha fatta. Si è fatto giustizia da sé. Tra l’altro dopo tempo, quindi una premeditazione”, ha chiarito il legale della famiglia D’Elisa, l’avvocato Pompeo Del Re.
Nei mesi successivi alla morte di Roberta infatti in città e sui social si era scatenata la violenza verbale contro il giovane e contro la lentezza della giustizia: Italo sarebbe dovuto comparire davanti al gup nei prossimi giorni, ha ricordato il legale, sottolineando come non si sia trattato di un gesto istintivo ma di un omicidio premeditato per lungo tempo e portato a compimento con freddezza.
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