Continuano senza sosta le ricerche della piccola Kata, scomparsa il 10 giugno dall’ex hotel Astor a Firenze. I nuclei operativi dei carabinieri stanno eseguendo in questi minuti alcune perquisizioni nei garage attigui alla struttura in disuso e precedentemente occupata. Anche i locali di una ditta contigua alla struttura sarebbe in questi momenti sottoposta a esame da parte dei militari dell’Arma. L’ipotesi è che in questi locali la bambina possa essere stata tenuta per alcune ore subito dopo il possibile rapimento. Intanto, gli inquirenti indagano anche su una pista legata al racket delle stanze.
Questa mattina i carabinieri sono tornati nel luogo dove è scomparsa Kata, la bambina di 5 anni di cui dal 10 giugno non si sa più nulla. I militari sono al lavoro per trovare tracce che li possano aiutare a ritrovare la piccola e stanno perquisendo dei garage del condominio vicino all’ex hotel occupato a Firenze. Ad essere perquisiti, anche i locali di una ditta attigua alla struttura dell’Astor, sebbene i titolari non risultino indagati. L’ipotesi è che proprio in uno di questi locali possa essere stata tenuta prigioniera la piccola nelle ore subito successive al possibile rapimento. Nel frattempo, sempre in mattinata, Miguel e Katherine, i genitori di Kata, sono andati spontaneamente in Procura per parlare con i magistrati.
Continuano da stamattina le indagini dei Ros nelle zone attigue all’ex hotel Astor. I carabinieri dei nuclei operativi stanno perquisendo dei garage del condominio di fianco alla struttura e dei locali di una ditta confinante. L’idea è che Kata possa essere rimasta rinchiusa in uno dei locali nelle ore subito successive alla sua scomparsa. Assieme ai militari, anche il reparto della Scientifica che sta eseguendo dei rilievi sia nei box che in una cabina dell’Enel posta all’interno della piazza che ospita i posti auto.
Ma gli investigatori non mollano allo stesso tempo nemmeno la possibile pista del racket degli alloggi. A quanto è risultato, all’interno dell’Astor c’erano tre gruppi distinti, due di peruviani e uno romeno, che si scontravano spesso per la gestione dei posti letto. Per poterne avere uno, o addirittura una stanza, era necessario pagare, inoltre, era richiesto anche una somma di soldi per poter continuare a soggiornare nella struttura. Un affare, visto il gran numero di persone che ci dormivano (ai tempi della scomparsa 150), da migliaia di euro.
A gestire il racket, tale Carlos, come aveva testimoniato il sudamericano che il 28 maggio si era lanciato dal secondo piano dell’Astor per sfuggire a un tentativo di aggressione: “È lui che decide chi deve stare e butta fuori chi non paga. Chi vuole rimanere deve pagare mille euro o somme più alte a seconda della grandezza della stanza”.
Un ambiente di violenza e degrado, con presenza di alcool e droga, non certo adatto a minori (ben 40 quelli trovati nei giorni successivi alla scomparsa). Una violenza che potrebbe aver portato a una ritorsione nei confronti della famiglia di Kata, di cui ormai non si sa più niente da quasi 20 giorni.
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