La sperimentazione senza animali in Italia non è molto incentivata. Lo ha fatto notare l’Enpa, che ha, attraverso un comunicato stampa, ha chiesto in modo deciso al Governo del nostro Paese di agire direttamente per migliorare una situazione che non è per niente allineata a quanto avviene in altri Stati, sia all’interno che al di fuori dell’Unione Europea. E non è una questione di poco conto, dato che tutti i Paesi dell’UE devono recepire adeguatamente la direttiva europea sulla sperimentazione animale, secondo la quale i Governi devono sostenere sistemi alternativi alla sperimentazione animale con l’utilizzo di risorse dedicate.
Nel comunicato stampa pubblicato sul sito ufficiale dell’associazione animalista viene ricordato che sono molti i Paesi che si stanno attivando in questo settore, come Austria, Finlandia, Germania, Belgio, Danimarca e Svezia. In Gran Bretagna, secondo l’Ente Nazionale Protezione Animali, nel giro di un anno sono stati messi da parte per la sperimentazione senza animali 6,5 milioni di sterline, una cifra che corrisponde a circa 8 milioni di euro. E in Italia? La situazione è sicuramente diversa. L’Enpa parla di uno stanziamento di 80.000 euro, una somma che equivale a 220 euro al giorno e che, sottolinea l’associazione animalista, potrebbe servire a pagare lo stipendio di due ricercatori.
Tutto questo non succede negli Stati Uniti, dove i metodi alternativi agli esperimenti sugli animali si stanno diffondendo sempre di più, grazie proprio alla ricerca di nuovi sistemi. E’ una notizia recente quella relativa alla creazione, da parte dei ricercatori del Massachusetts General Hospital di Boston, di un sistema di neuroni in vitro a partire da cellule staminali umane, che potrà essere utilizzato per ricreare gli effetti dell’Alzheimer senza lo sfruttamento di animali. Una vera e propria vittoria per l’ambiente, che dovrebbe essere presa da esempio. L’Enpa fa notare inoltre che “nel 99,7% dei casi gli esperimenti sugli animali falliscono, che ogni anno nella sola Unione Europea circa 200 mila persone muoiono per gli effetti collaterali di farmaci testati proprio sugli animali e che più della metà dei farmaci testati e messi in circolazione viene ritirata nel giro di qualche anno”. Una situazione che dovrebbe essere modificata, grazie soprattutto all’impiego di metodi innovativi ed alternativi.
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